Quei socialisti imprigionati fra Bene e Male

La sinistra francese ancora arenata nell'eterna divisione tra Bene e Male

La sinistra ha un futuro in Francia? Se ce l’ha, quale sinistra e quale futuro? Domande che s’impongono dopo il duello femminile (Ségolène Royal e Martine Aubry), durato varie settimane, per il posto di primo segretario del Partito socialista. Ha prevalso la Aubry, «la signora delle 35 ore» (era ministro del Lavoro quando tale orario settimanale s’impose con esiti essenzialmente negativi), con lo 0,08 per cento, ossia 102 voti, in più su quasi 140 mila votanti! Il partito è dunque profondamente diviso, infatti Ségolène Royal, forte di essere stata candidata alla presidenza, di essere stata scelta dalla metà meno 102 dei militanti, non cederà in nulla alla rivale.

Ma la divisione fra socialisti va oltre lo scontro personale. Il campo di Ségolène Royal è certo più unito che quello della Aubry. È riunito attorno alla passata, futura e perpetua candidata alle presidenziali. Per la Royal il partito è al servizio di questa ambizione.

Invece il campo della Aubry unisce militanti di parecchi orientamenti: Fabius rappresenta l’ala sinistra, Strauss-Kahn l’ala destra, il giovane leader Hamon l’“estrema sinistra“. La Aubry aveva un solo scopo: che il sindaco di Parigi, Delanoe, non le facesse concorrenza. Sono dunque cinque i candidati alle elezioni presidenziali: la Royal, la Aubry, Fabius, Strauss-Kahn, Delanoe. Li dividono solo sfumature politiche. Tutti sono per l’economia di mercato. Tutti dicono che va costruita un’altra Europa. Tutti sanno d’aver bisogno di un’alleanza col centro. E tutti aggiungono che il Partito socialista va riformato. Partito di militanti o di fautori del candidato all’elezione presidenziale?

Vero e falso dibattito! Non sono realistiche tutte queste peripezie, queste accuse di frode elettorale in seno al partito, queste minacce di ricorrere alla magistratura per giudicare pratiche elettorali del partito. Il Partito socialista è un partito di eletti. Per ora controlla la maggior parte delle grandi città (Parigi, Lione, Tolosa) e delle regioni, ma fallisce la conquista della presidenza della Repubblica. Gestisce il locale e il regionale, non ha un programma per il nazionale. Ma la cosa più grave, non per il partito, ma per la democrazia, è la pretesa d’incarnare il Bene (la Sinistra) di fronte al male (la Destra). Nei fatti il Partito socialista ha accettato l’economia di mercato, ma senza trarre le conseguenze ideologiche e morali della rottura con la favola marxista. La svolta socialdemocratica (antica, risale al 1920 in cui nacque il Partito comunista) non ha determinato un cambio di comportamento: nel gioco democratico accettato non ci sono il Bene e il Male, ma solo soluzioni pragmatiche differenti secondo maggioranza e opposizione. E si possono approvare misure prese dal partito avversario. Se occorre, si può perfino governare con lui: come fanno i partiti tedeschi. Niente di ciò accade in Francia. E la lotta per il potere nel Partito socialista è crudele perché mostra che il Bene si divide a sua volta fra Bene e Male, la Royal contro la Aubry. Il Partito socialista non può più essere il partito del Bene.

Il Bene ha trovato un nuovo profeta, il leader trotzkista Besancenot, che sta per fondare un Nuovo Partito Anticapitalista, sognando d’attrarre tutti i credenti del Bene, socialisti delusi. Anche il centrista Bayrou vorrebbe incarnare il Bene nuovo.

Decisamente la sinistra si crede laica, ma è la più religiosa fra le tendenze politiche.
(Traduzione di Maurizio Cabona)

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