Quell’angolo di paradiso che La Spezia ha portato all’inferno

Quell’angolo di paradiso che La Spezia ha portato all’inferno

È Parco delle Cinque Terre, ma di Comune fa La Spezia. E il busillis forse sta tutto lì. Perché Tramonti di Biassa, ficcato in quella costa di monte che risali dalla città verso il paradiso del presidente Franco Bonanini, la soffre un po' questa pseudo-appartenenza al Parco che poco si traduce in euro sonante. Dal borgo medievale di Biassa, un tiro di schioppo dal centro, fino al colle del Telegrafo, il ristorante e la rete dei sentieri. Di là Portovenere, di qua Riomaggiore. Per di qua: Fossola, Monesteroli, la capitale Schiara e il Persico. Sconosciute ai più che le Cinque Terre macinano in lungo e in largo. Qui la storia e un po' diversa. Accesso solo ai mezzi autorizzati, un menhir, la fontana di Napoleone che pare sia passato per queste frasche. Molli il mezzo in un boschetto e cominci a camminare. Tramonti è dopo qualche ghirigoro di collina. Calpesti i sentieri scavati nei fianchi, in bilico sul mare. Le viti abbarbicate su quei mezzi metri di fascia, i grappoli dimenticati che sono miele. Sulle pietre sistemate alla meglio per non derapare: là in fondo il Tino e il Tinetto con il sole che li infilza e ci scappa in mezzo. Un buon venticinque minuti a passo incerto. Finalmente i primi tetti, i tubi dell'acqua che seguono la mulattiera, le case in pietra: due piani ad incastro sulla linea morbida della collina. Ancora avanti, ti aspettano Eraldo Bertano, 72 anni, e sua moglie Rosa. Lui ha il passo leggero e la chiave inglese con cui ha appena stretto un tubo dell'acqua. «Da bambino ho fatto il tempo del sale» è l'esordio. Sorride: «Vede laggiù - indicando la spiaggia - c'erano le lamiere con il bordo: dentro ci mettevamo l'acqua di mare e il fuoco sotto per aiutare a consumarla. In una settimana facevamo 20 chili di sale».
Preistoria. Allarga il braccio: «Qui era tutta vigna fino al mare. Adesso mi dica quanta ne vede». Ti trascina sullo spuntone sfacciato verso il Tino: «Ci hanno anche derubato della scogliera che proteggeva dalle mareggiate. Una sessantina d'anni fa, per ordine superiore, sono venuti e con i pontoni si sono portati via massi di 30-40 tonnellate. Ci sono rimasti cinque scogli in tutto». Eraldo ti mostra il vigneto in costa giù vicino al mare: «Una volta raccolta, tiro su l'uva col filo a sbalzo». Nelle cassette i grappoli a «passire», gli altri per lo Sciacchetrà, «preferisco chiamarlo rinforzato dolce di Biassa» ammicca. Ma «il problema vero sono i cinghiali: ci devastano tutto. Nel 2000 siamo passati sotto il Parco, ma solo come doveri. Se vendi qualcosa devi dargli la prelazione, ma qui non compra nessuno perché non c'è la convenienza. Gli uomini del Parco vengono, danno un'occhiata ai danni dei cinghiali, scrivono, ma soldi di risarcimento neanche l'ombra». Niente elettricità, «l'acqua l'abbiamo portata noi e sistemato le stradine». Il Comune? «Fa poco e niente. Io sono sempre stato di sinistra, oggi basta: ha rovinato l'Italia». Centosei case rurali per la maggior parte di foresti. Eraldo vive alla Spezia e arriva da Biassa: 39 anni fuori, 18 a navigare e il resto nei deserti del mondo ad installare turbine a gas e compressori centrifughi. Poi torna a casa e quello che ha guadagnato lo investe nella casa di Tramonti e in quanto riesce a coltivare: «Mi calavo sul costone e piantavo gli alberi d'acacia». Ha costruito undici muretti a secco, «2-3 metri cubi al giorno», ha sessanta piante da frutta e vinifica per la sua famiglia: «400-500 litri. Bianco e rosso». Persi tra cielo e mare, arroccati in questo fianco spazzato dal vento: «La scaletta che porta al mare è interrotta da un frana che nessuno è venuto a sistemare: si sono limitati a mettere un cartello per vietarne l'accesso. E la monorotaia annunciata? Doveva arrivare fin qui. Niente».
Riomaggiore, di fianco, viaggia alla grande; Tramonti è roba della Spezia: «Il Comune della Spezia s'è infilato nel Parco pensando di ottenere soldi» maligna Giancarlo, residenza Cinque Terre. «E comunque Tramonti non c'entra niente con i borghi del Parco, ad esempio non ha i tetti in ardesia, nessuno di loro è socio delle nostre cooperative vinicole e qui non ci sono affittacamere. Poi qualcuno, potendo, ha speculato vendendo ai milanesi».

Che a detta dei bene informati «se non hanno altri benefici è solo un problema della legge per cui i finanziamenti del Parco vengono distribuiti in maniera proporzionale al numero dei residenti». Magra consolazione e un fegato così, di questa terra aggrappata in costa, di tutti quelli come Eraldo che in fondo la salvano ogni giorno.

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