Roma«Cosa ha detto Bocchino di preciso?».
In sintesi, sì a un premier gay, no a uno leghista.
«Mah...».
Presidente Bricolo, da numero uno del Carroccio al Senato, si esprima.
«Ma chi se ne frega, mi verrebbe da dire. Ognuno può dure la sua. E dormirò lo stesso, giuro».
Insomma, solo una provocazione?
«Guardi, molti cercano i titoli dei giornali più che guardare ai fatti».
Lo fa pure il vicecapogruppo Pdl alla Camera?
«Non so se la sua sia stata una battuta o una dichiarazione convinta. Boh, probabilmente Bocchino preferisce i gay, ma la questione principale non è questa».
Sì, ma lei sarebbe contrario?
«La prego, non voglio entrare nella discussione gay sì-gay no, perché non importa. Non si sceglie un premier per le passioni sessuali, ma per i programmi politici con cui si presenta al giudizio degli elettori. E poi...».
E poi?
«È un discorso che non porta a niente, lontano dalle tematiche concrete, quelle che contano. Senza contare che abbiamo in carica il miglior presidente del Consiglio possibile».
E se andasse al Colle nel 2013?
«Quando e se sarà, a decidere chi sarà il candidato premier saranno sempre e solo Silvio Berlusconi e Umberto Bossi. Non sarà certo il Bocchino di turno...».
Vabbè, è prematuro, si vedrà.
«Già. E a noi della Lega non interessa parlare di ciò che accadrà fra tre anni, ma di cosa dobbiamo fare nei prossimi tre anni».
Riforme, riforme, riforme...
«Sì, ci dedicheremo solo a questo. Abbiamo unalleanza di ferro e un programma concreto da portare avanti. E se nei primi due anni di legislatura ci siamo dedicati con forza alla lotta contro limmigrazione clandestina, grazie allazione del ministro Maroni, dora in poi ci concentreremo sullattuazione del federalismo fiscale e sulle riforme istituzionali, in modo da cambiare strutturalmente il Paese».
Nessuna divagazione?
«No, è questo il nostro unico obiettivo, che raggiungeremo con la massima determinazione. Tantè vero che finora non abbiamo mai alzato la voce: non ci interessa. Per capirci, non ci importa provocare alla Bocchino. Non è un caso che il voto continui a premiarci».
Ampie convergenze: possibili o utopistiche?
«Tutti si dicono pronti ad impegnarsi per realizzare le riforme strutturali di cui abbiamo bisogno. E su questo dobbiamo fare affidamento, sfruttando il clima politico più sereno per procedere in questa direzione».
In queste ore state però già esaminando il provvedimento sulle intercettazioni. Come finirà?
«Il testo, come si sa, è già stato approvato alla Camera. Per quanto ci riguarda, a Palazzo Madama cercheremo di lavorare al meglio, grazie pure alla disponibilità, espressa dal governo, di volersi confrontare con i vari gruppi parlamentari».
Basterà per non scatenare una nuova bagarre?
«Bisogna evitare innanzitutto i no a prescindere. E in questo caso sono sicuro che il dibattito darà ragione a chi, a destra e sinistra, è convinto che gli abusi debbano essere sanzionati, garantendo al contempo alla magistratura di poter svolgere il suo lavoro».
Sembra un po troppo fiducioso.
«Forse. Ma sono sicuro che, quando arriveremo al dunque, molte delle polemiche andranno a morire».
Intanto, a Montecitorio si polemizza sulle assenze nella maggioranza.
«Non voglio dare un giudizio su quanto avviene alla Camera.
Sì, però voi non andate mai sotto. Siete più bravi?
«È vero, non siamo mai stati battuti. Però è anche vero che è più facile gestire un gruppo di parlamentari meno numeroso».
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