Roma - A fronteggiarsi non sono solo le ragioni del sì e quelle del no. C'è una terza forza in campo: è il fronte dell'astensione. Per i referendum abrogativi, infatti, è necessario che vadano a votare il 50% degli elettori aventi diritto, più uno. A conti fatti per raggiungere il quorum "basterebbe" che si recassero alle urne i quattro quinti degli elettori che lo scorso 6-7 giugno sono andati a votare per le europee e le amministrative. Un'impresa difficile. Lo sanno tutti. Soprattutto perché siamo già in estate. E al fisiologico calo dei votanti che di solito si registra nei turni di ballottaggio, va aggiunto il fatto che sono coinvolte solo poche amministrazioni comunali e provinciali.
Se vince il sì Se dovessero vincere i sì per i primi due quesiti referendari (e ovviamente se venisse raggiunto il quorum) scomparirebbero le coalizioni di partiti. O meglio, non sarebbero più necessarie. A vincere le elezioni, infatti, sarebbe la lista con più voti rispetto agli altri. Secondo i promotori del referendum in questo modo si eviterebbe che i partiti si unissero per le elezioni dividendosi subito dopo e imponendo veti, mediazioni e verifiche continue alla maggioranza e al governo in carica.
Bipartitismo Di fatto si realizzerebbe una riforma bipartitica del Paese. Senza più coalizioni, la soglia di accesso a Camera (4%) e Senato (8%) diventerebbe uguale per tutti e il premio di maggioranza non andrebbe più alla coalizione ma solo al partito con più voti, per dargli la possibilità di governare. Un bipartitismo che, in altri Paesi, è possibile grazie al sistema maggioritario.
Stop candidature multiple Il terzo quesito referendario prevederebbe, in caso di vittoria dei sì, il divieto ai candidati di presentarsi in più di un collegio. In questo modo non sarebbe più possibile, per i vari leader di partito, candidarsi ovunque per catturare voti, optando poi in quale collegio farsi eleggere e, di fatto, lasciando la strada alle seconde, terze e quarte file.
Cosa dice il "Comitato per il no" Chi si batte per la bocciatura dei tre quesiti parte da una premessa: la vigente legge elettorale nega agli elettori del diritto di scegliere i propri rappresentanti e affida alle segreterie dei partito il potere di nominarli dall’alto. Si riduce, così, il pluralismo politico e la rappresentatività delle istituzioni. Prevale la legge del più forte, a danno delle liste minori.
La legge che uscirebbe da una eventuale vittoria del sì nel referendum - dicono i fautori del no - non eliminerebbe alcuno dei difetti dell’attuale legge. Anzi, aumenterebbe le distorsioni, rendendo più facile l’approvazione di riforme costituzionali di parte.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.