Renato Besana. L'intelligenza di fare politica con la cultura

È morto venerdì sera a Milano Renato Besana, giornalista e scrittore. Aveva 72 anni.

È morto venerdì sera a Milano Renato Besana, giornalista e scrittore. Aveva 72 anni. Firma del Giornale e anima della Editoriale nuova, autore di programmi culturali per la Rai, opinionista di Libero, vicepresidente per otto anni dei Pomeriggi Musicali di Milano e membro del consiglio d'amministrazione della Triennale. I funerali saranno lunedì alle 14.45 alla chiesa Sant'Andrea in via Crema 22 a Milano.

Renato Besana ci ha lasciato, in modo discreto come era vissuto. Giornalista e scrittore, uomo impegnato in politica senza mai diventare un politicante, raffinato e sensibile protagonista della cultura, e per questo ignorato, oggi, dalla destra di governo, verrà salutato nel pomeriggio di lunedì 24 nella chiesa milanese di Sant'Andrea, in via Crema,

Nato a Varese 72 anni fa, Besana era residente a Parabiago, dove ha anche ricoperto il ruolo di assessore, ma ha lavorato a lungo nel capoluogo lombardo come dirigente Rai. Laureato in giurisprudenza, ha esercitato con impegno e passione la professione di giornalista, dalla Prealpina di Varese al Tempo di Roma, dal Giornale di Montanelli a Libero, con le cui pagine culturali ha collaborato fino all'ultimo.

Ci eravamo conosciuti a metà degli anni Novanta, durante l'irripetibile stagione dell'assessorato alla Cultura della Regione Lombardia guidato da Marzio Tremaglia, che fu una delle pochissime occasioni in cui la destra al potere volle davvero, riuscendoci, fare politica attraverso la cultura. In poco meno di un lustro, attorno al giovane assessore fiorirono iniziative, si realizzarono progetti, furono organizzati convegni e vennero messe in atto strategie culturali alle quali Besana partecipò sempre con passione, entusiasmo e sensibilità, anche quando, dopo la prematura scomparsa di Marzio, la sua eredità venne rapidamente dimenticata dai suoi colleghi di giunta e dispersa dai suoi eredi politici.

Ironico e gentile nei modi ma fermo nelle idee e tenace nei propositi, nel nuovo millennio Besana aveva continuato a fare politica culturale, sempre controcorrente, come consigliere di amministrazione della Triennale di Milano e della Cineteca Italiana e come vicepresidente dei Pomeriggi Musicali.

Bibliofilo appassionato - era stato anche redattore del mensile Millelibri - Besana aveva avuto successo anche come scrittore di romanzi: nel 1993 con Frontiera di nebbia vinse il Premio Hemingway, nel 1983 Il Crociato si aggiudicò il Premio Castiglioncello e, soprattutto, nel 1981, quando, con Marcello Staglieno, pubblicò il bestseller Lilì Marleen, tradotto in quattro lingue e vincitore del premio Campione d'Italia. Ma la sua irrefrenabile passione per i libri trovò la sua espressione più feconda nell'avventura dell'Editoriale Nuova, che fu, tra gli anni Settanta e Ottanta, una casa editrice anticonformista, nata dalla cooperazione del Giornale con la De Agostini. Era il 1978 quando, imperante l'«eskimo in redazione», un gruppo di liberal-libertini conservatori-rivoluzionari, sfidò il conformismo del mercato editoriale con un catalogo scintillante e provocatorio, ancora oggi di tutto rispetto, dove comparivano autori stranieri come Anthony Burgess e Yukio Mishima accanto a firme nostrane come Franco Cardini e Sergio Ricossa, passando per Alberto Pasolini Zanelli, Pier Carlo Masini e Fausto Gianfranceschi.

Di quel marchio anticonformista Besana fu un attivo e instancabile protagonista, spigliato e irriverente, intelligente e

coraggioso: qualità e virtù che oggi scarseggiano drammaticamente in una classe politica senza cultura e in un ceto intellettuale senza spina dorsale. Renato Besana possedeva entrambe, e ne sentiremo davvero la mancanza.

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