Restauro inutile: a Villa Pamphilj regna il degrado

Nonostante siano stati spesi più di 30 miliardi di vecchie lire alcuni edifici restano inutilizzati e circondati da discariche

Gian Piero Milanetti

Dopo più di trenta miliardi di vecchie lire di restauri, a Villa Pamphilj, serre, cascine e casali ottocenteschi restano inutilizzati, circondati da anni da discariche e palizzate fatiscenti. Giardini settecenteschi sono abbandonati ai rovi. Fontane monumentali sono a «secco». La recinzione del canale e del lago del Belvedere è pericolosamente incompleta. La valle dei Daini è irriconoscibile. Tutti i viali appaiono corrosi e senza manutenzione. Il degrado si estende a macchia di leopardo su tutti i 180 ettari del parco. Ma si fa più forte nell’angolo a est, tra via Leone XIII (Olimpia) e via Aurelia Antica. Lungo viale Rosa Luxemburg, la settecentesca Cascina Floridi, restaurata oltre un anno fa, è ancora circondata da discariche di cantiere. Dopo averla lasciata in abbandono per anni (a lungo è stata abitata da giovani albanesi che erano soliti tuffarsi nella celebre fontana del Giglio), l’amministrazione comunale, nel 2003-2004 ha predisposto il progetto di restauro. I lavori, del costo di 529mila 798 euro, ex lege 15 dicembre 1996 n. 396, sono iniziati il 21 giugno 2004 e finiti il 22 maggio del 2005. La cascina è destinata a sede del Servizio Giardini, con una sezione espositiva per le collezioni botaniche del vivaio della villa. Ma, a distanza di un anno, l’edificio dalla caratteristica pianta a «L» resta inutilizzato. Tra la cascina e il Casale dei Cedrati, ci sono due discariche di circa 70 metri quadri, un cumulo della vecchia recinzione, corrugati elettrici, profilati di alluminio, materassi, resti degli insediamenti degli albanesi e di un barbone che si era insediato in una delle vicine arcate dell’acquedotto Traiano-Paolo. Al di là di viale Rosa Luxemburg, due serre, anch’esse restaurate per il Giubileo, erano destinate a laboratorio didattico per le scuole, in collegamento con la sede centrale del Museo della villa, a Villa Vecchia. Però, lasciate inutilizzate, portano sulle vetrate i segni delle sassate e sulla rete di recinzione dei panni stesi. I resti di altre serre ottocentesche, dall’altra parte del viale, emergono appena dai rovi e dalle erbe infestanti. Tra questi manufatti e l’acquedotto, scarsamente visibile, c’è il Casale dei Cedrati, addossato alla struttura dell’acquedotto Traiano-Paolo, edificio di servizio del Seicento, ristrutturato nel Settecento dall’architetto Gabriele Valvassori che lo ornò di un bel portale marmoreo tuttora esistente. Lasciato deteriorare dopo la municipalizzazione forzata della villa, è stato «restaurato e destinato a sede del Centro di Documentazione delle ville della zona e spazio polivalente, comprendente anche un punto ristoro del museo» come si legge nel libro «Villa Doria Pamphilj», curato da Carla Benocci e edito dall’Archivio storico culturale del Municipio Roma XVI, alla fine del 2005. Ma sul sito della Sovraintendenza comunale www.romabeniculturali.it il Casale dei Cedrati risulta ancora in restauro. Certo è che resta inaccessibile e inutilizzato. Tra il Casale e largo Casale della Vigna Vecchia si estende il Giardino dei Cedrati. Realizzato nel Seicento, ristrutturato nel Settecento, nell'Ottocento è stato dotato di serre in ghisa e cristallo di stile neomedievale, con un avveniristico, per l’epoca, impianto di riscaldamento. Il giardino era ornato da una graziosa fontana, detta di Venere, ora in completo abbandono, così come le serre, quasi del tutto ricoperte dalla vegetazione. Eppure, avrebbero dovuto essere state recuperate già sei anni fa, grazie a un intervento - riguardante anche la sistemazione del museo di Villa Vecchia - finanziato con risorse ex lege n.651 di 1miliardo 122mila lire (definanziato, in seguito, di 228 milioni 341mila lire). Sono state restaurate, invece, in occasione del Giubileo (con una spesa di 1 miliardo 666 milioni 150mila lire), le tre grandi serre ottocentesche in ghisa, ferro fuso e cristalli, lungo viale del monumento ai Caduti Francesi. L’amministrazione aveva destinato le serre a spazi espositivi, ma non sono mai state aperte al pubblico. Sono circondate da sei anni dalle staccionate ormai sbilenche, con ancora i cartelli di pericoli inchiodati. E i vetri già mostrano i buchi delle prime sassate. Non è in splendida forma nemmeno il secentesco Giardino del Teatro, il cuore del parco restaurato per il Giubileo con più di 2 miliardi e mezzo di lire. La celebre fontana del Putto, al centro del giardino, assemblata a metà Ottocento, su progetto di Andrea Busiri Vici, è circondata da ramaglie e tracima acqua in quantità, allagando e rendendo impraticabili per parecchi metri i vialetti del parco. Nelle vasche del Teatro e del Ninfeo del Fauno, così come nel canale e nel laghetto del Giglio, l’acqua è torbida fin dai zampilli.

Certo Gabriele d'Annunzio nel «Piacere» non potrebbe più scrivere: «La Villa Pamphilj che si rimira nelle sue fonti e nel suo lago tutta graziata e molle, ove i balaustri lapidei e i fusti arborei gareggian di frequenza (...)».

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