I giovani ricercatori italiani? «Eroi quelli che tornano, in un Paese che è diventato molto rissoso e pettegolo. Nelle loro mani il futuro del Paese». Così Diana Bracco, presidente e amministratore delegato del Gruppo Bracco, parla alle giovani promesse della ricerca milanese, durante un suo intervento nel Dipartimento di Scienze farmacologiche dell'università Statale, in occasione dell'evento «Next step, la giovane ricerca avanza». «Alfieri dello sviluppo» li definisce e chiede che «come tali godano di uno status ambito e di un ambiente favorevole», richiamando la necessità di «progetti di housing sociale e di campus all'avanguardia». All'imprenditrice non piace parlare di «fuga dei cervelli. I cervelli devono circolare. Questo è importante. I giovani devono sfidarsi fuori dal loro Paese, in società diverse, con regole diverse, ma vogliamo che tornino. Bisogna intervenire secondo principi di efficienza, efficacia, e valorizzazione delle competenze e dei meriti. Anche perché sappiamo che la ricerca pubblica italiana è fatta di luci e ombre. Accanto a centri di eccellenza ve ne sono tanti lontani da standard qualitativi elevati».
Il fatto che talenti italiani vengono continuamente chiamati all'estero, precisa Bracco, «dimostra due cose: che il nostro sistema formativo è in grado di produrre giovani appetibili e che questi giovani hanno una visione ampia e capiscono che mettersi gioco in maniera internazionale poi aiuta».
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