Riflessioni radicali sull’immigrazione

Un numero della rivista «Atlantide» dedicato a migrazioni e dialogo

La questione dell’immigrazione non è solo, o principalmente, fatta di numeri e di difesa delle coste. Non è xenofobia né paternalismo. Prima di tutto questo c’è il cuore della questione che riguarda il modello di società che abbiamo in mente relativamente agli immigrati. Ma ancora prima, forse, c’è la questione della crisi di identità che attraversa il vecchio continente e che lo porta agli estremi che indicavamo poco sopra (xenofobia da una parte e paternalismo irresponsabile e utopico dall’altra), classici di una difficoltà a sapere prima di tutto chi si è e che società si vuole.
Senza una identità forte è difficile anche dialogare con gli altri. L’immigrazione è il tema e questa è la prospettiva con la quale viene letto nell’ultimo numero di Atlantide, la rivista della «Fondazione della Sussidiarietà», presieduta da Giorgio Vittadini. Migrazioni e società multiculturale. La verità alla base del dialogo, questo è il titolo dell’ultimo numero.
La Francia ha utilizzato un modello d’integrazione assimilazionista fondato sui classici valori della «Rivoluzione» come libertà ed eguaglianza e sul principio della laicità dello Stato. Il neo presidente Nicolas Sarkozy, in conseguenza anche degli episodi delle banlieue parigine e della discussione sulla legge che proibisce di ostentare simboli religiosi, ha sostenuto la necessità di ripensare a questo concetto di laicità come annullamento delle religioni a favore di un modello di «laicità positiva» capace di far vivere la propria appartenenza religiosa come espressione di un diritto fondamentale della persona.
Anche la Gran Bretagna e l’Olanda sono tornate a ripensare l’impostazione culturale stessa delle loro leggi dopo due eventi drammatici: gli attentati di Londra del 2006 ad opera di persone di cittadinanza inglese - in prevalenza indo-pakistana - e l’omicidio del regista olandese Theo Van Gogh, colpevole di essere autore del film Obsession che denunciava la condizione delle donne nelle famiglie musulmane. La concessione fatta a diverse comunità etniche e religiose di organizzarsi a partire dalle loro culture e dalle loro tradizioni, ha fatto venir meno la ricerca e la pratica di valori condivisi e fondanti di qualsiasi società.
In Inghilterra l’abbandono della scelta multiculturale (favorire, nei fatti, la creazione di diverse comunità etnico-religiose come mondi a parte, separati dal resto della società) è, anch’essa, figlia della ribellione della realtà a progetti astratti, confusi e irrealistici, appunto.
Atlantide affronta tutti questi temi da diverse angolature, tutte interessanti. Si segnalano, ad esempio l’articolo del ministro per il Commercio Internazionale e le Politiche Europee, Emma Bonino, sulla «buona immigrazione» che porta vantaggi alla nostra economia e non minaccia la nostra sicurezza, o quello a firma di Tito Boeri sul «sistema a punti» che permetterebbe una selezione previa in base a parametri come l’età, la preparazione professionale, le conoscenze linguistiche.


Particolarmente stimolante è, inoltre, la riflessione contenuta nell’editoriale di Giorgio Paolucci, dove l’autore sostiene che il modello più adatto alla nostra tradizione culturale è quello dell’«identità arricchita»: non si straccia quello che c’è, la tradizione di un popolo, ma non si considera tutto questo un patrimonio statico, immutabile ma soggetto ad «arricchimenti», non a mescolanze né a chiusure irrealistiche e xenofobe.

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