Maria Vittoria Cascino
Da Genova a Milano. Il Duomo grigio su grigio e Palazzo Reale che si tiene in pancia la presentazione d'una mostra coraggiosa. Che sarà a Palazzo Ducale, Appartamento del Doge, dal 26 ottobre al 14 gennaio 2007. «Russia & URSS, Arte, letteratura, teatro dal 1905 al 1940». Curatori appassionati Giuseppe Marcenaro e Piero Boragina. Promosso da Palazzo Ducale, Regione e Comune, sponsorizzato da Eni, Banca Popolare di Novara, Progress, Fnac e Milanoserravalle, è l'evento espositivo più importante dell'autunno genovese. Una fiammata. Piglio potente, tratto deciso e approccio anomalo. Un viaggio che soffia via i contorni, riapre casseforti e ti inchioda rovesciandoti addosso anni riletti e riguardati. Testi, tele, scenografie, copertine. Che non hai mai visto. Sullo schermo da un'immagine all'altra. L'espressione dei processi estetici in Russia nella prima metà del Novecento. Temperie creativa che ha partorito un unicum per la sua vocazione estetica, sociale e politica.
Arnaldo Bagnasco, presidente di Palazzo Ducale, racconta questa genovesità da riaffermare: «Genova che si apre al mondo. Il precedente è Viaggio in Italia, sempre di Marcenaro e Boragina, che giaceva nei fondi del Palazzo durante il G8». Adesso l'altra avventura che si sposta sulla Russia. Lassessore Anna Castellano la definisce «Una mostra di straordinario coraggio per la nuova carta d'identità della città». Annunciarla da Milano non è un caso. C'è l'assessore Vittorio Sgarbi a cogliere l'invito alla collaborazione. A raffica gli eventi che si agguantano, poi la sterzata sulla novità della mostra: «fenomeni che abbiamo tenuti fuori dalla storia progressivamente rientrano. Come la rimozione dell'arte realista sovietica perché collegata alla dittatura». L'aggancio è con l'inaugurazione dei 100 anni di arte a Tel Aviv. «La dittatura delle avanguardie che hanno stabilito un primato e l'operazione revisionista di Boragina e Marcenaro». Poi l'ipotesi della triangolazione culturale Genova-Milano-Torino. Terra di artisti contemporanei per cui trovare un percorso comune. «Non fossilizziamoci nella Biennale di Venezia ormai crepuscolare». Lo zoom è sul festival del linguaggio e lo schema-Babele: «Prendiamo lo stesso Festival della Poesia di Genova. Milano, capitale dell'editoria potrebbe essere il luogo dove trovare proiezione verso il pubblico. Tutte idee che partono dallo stimolo di questa iniziativa comune, perché Genova è lo sbocco al mare di Milano». L'assessore comunale Luca Borzani riaggancia il concetto delle aree interregionali e stringe sugli anni in mostra al Ducale: «1905, inizio della speranza rivoluzionaria. 1940 non solo guerra, ma punto d'arrivo della repressione staliniana, l'utopia trasformata nel regime totalitario. Un excursus coraggioso perché è anche riflessione sull'Europa. C'è il ritratto di Stalin e di chi fu consegnato ai Gulag».
Le immagini scorrono. La Donna con abito rosso di Falk, Brune Ecke di Kandinskij, Il gallo di Larionov. Il 1905, con il tentativo rivoluzionario, è il periodo delle forti tensioni che portarono gli intellettuali a sottolineare le istanze sociali e a sviluppare quel cambiamento estetico che portò alle avanguardie. Gli stili si scontrano. Sono gli anni in cui Larinov, Goncarova, Tatlin, Popola, Rodcenko, Malevic fronteggiavano i tradizionalisti quali Kustodiev e Korovin. Non c'è netta separazione fra le varie espressioni artistiche. Letteratura e pittura respirano la stessa aria. Scorrono manoscritti e fotografie, bozzetti teatrali. Ci sono i volumi di Blok, Belij, Majakovskij. C'è il teatro di Benois, Bakst, Serov e Meierchold. C'è anche la litografia di Lavinskij della Corazzata Potemkin e i bozzetti di costumi e scenografie di Ejzenstejn. Disordine che è tensione creativa. Scontro. Scandalo. È il moto perpetuo a trasmettere l'ossessione agli accessi diversi. «Coraggioso è stato ricercarli a casa loro, a meno trenta gradi - ironizza Boragina - Un viaggio prima di tutto. Paesi mitici, in bilico tra Europa e Asia. Capirne la geografia per seguire un percorso nel sottosuolo della cultura». Opere e percorso umano. Tutti facevano tutto e tutto interessava a tutti. «Incertezza espressiva, cubismo e astrattismo che si mescolano all'espressionismo. C'è chi recupera la tradizione, chi continua ad essere il pittore da cavalletto odiato dai futuristi». Nelle grande contraddizioni sociali mischiate a fame e ignoranza si prepara la rivoluzione d'ottobre. «Dove tutto rinasce e s'infrange. Dove gli artisti cercano un angolo, uno qualunque per continuare il loro mestiere». Sana contraddizione di stili in un disordine apparente. Il bozzetto di Malevic per «La vittoria sul sole», emblema del passatismo. L'accecante lotta contro il borghese da combattere verso il costruttivismo. Un gioco di rimandi, un flipper che scopre ogni volta un bersaglio. Poi l'incastro di Marcenaro: «Mostra di immagini e voci. Le une in mostra, le altre sul catalogo. Le voci di chi ha vissuto questa avventura. Da San Pietroburgo a Mosca, a Ekaterinburg dove si compì il destino dei Romanov. In mostra il diario della zarina».
Del 1911 il Quadrato nero di Malevic a gridare che è finito tutto, riscoperto solo nel '77, «a dare il polso di quello che è accaduto. Anni in cui gli intellettuali russi guardano agli europei. Volevamo raccontare cosa scorreva sotto la pelle di questa gente». Marcenaro accosta quadri a pensieri. «La composizione senza oggetto» e Bloc che scrive «...non mi resta che rompere il pianto e ascoltare il tuo placido sogno...». Gli anni di una Russia in ebollizione, mentre Lenin era a Zurigo con Tzara. E gli spazi sono gente che ha fame e non capisce nulla di quei folli artisti che volevano cambiare i connotati alla letteratura. Forza centrifuga. Freccette in ogni direzione. Bellezza. Nell'ottobre 1917 l'innesco. «La mostra cadenza questi fatti filtrandoli nelle opere d'arte. Lenin non ama Majakovskij. Manca l'equilibrio della forma. Nel '24 muore Lenin. Ascesa o discesa? Tutti corrono verso il 1932. La Pravda pubblica in prima pagina che la ricreazione è finita.
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