Capannelle, storico ippodromo della Capitale, rischia di chiudere i battenti. La Hippogroup, società che gestisce l’impianto da quasi 70 anni, ha ingaggiato un braccio di ferro con il Comune di Roma che ha deciso di aumentare il canone d’affitto a 2,4 milioni di euro annui.
Il braccio di ferro tra l'Hippogroup e il Comune di Roma
Una situazione che sta diventando sempre più insostenibile per dipendenti della Hippogroup e operatori del settore che in questi giorni hanno manifestato sotto il Campidoglio e, durante la protesta, un allevatore sardo di cavalli ha persino tentato di darsi fuoco.
Per capirne di più siamo andati a visitare l’impianto, nato nel 1881, che si estende nella zona Sud Ovest di Roma per circa 140 ettari, dando ospitalità a circa 600 cavalli. Ad accoglierci troviamo Elio Pautasso, direttore generale della Hippogroup, che ci spiega perché quest’anno ha deciso di non far partire la stagione delle corse e perché minaccia di chiudere definitivamente l’impianto se non si troverà una soluzione condivisa col Comune. “La Hippogroup dal 2003 ad oggi ha fatto investimenti per 12 milioni euro e ha pagato 8 milioni di euro di canone per un totale di 20 milioni ma nel 2008 è cominciata la crisi del settore. Fino a quel momento si sosteneva interamente con gli introiti delle scommesse, ma con la riforma del gioco l’ippica è stata trascurata”, spiega Pautasso che ricorda come il settore ha già avuto delle battute d’arresto con la chiusura di San Siro e Tor di Valle, ippodromo che ha cessato la sua attività per lasciare spazio alla costruzione del nuovo stadio della Roma. Per l’assessore allo Sport, Daniele Frongia, invece, “quando parliamo di 66mila euro all’anno per un impianto di 170 ettari capiamo subito che non si tratta di un prezzo di mercato ma che è quasi gratis. Inoltre Hippogroup, oltre alle corse, ospita vari eventi anche di natura internazionale per i quali ha altri introiti”. In realtà, dalla Hippogroup, fanno sapere che per tali eventi, come Rock in Roma, non possono chiedere cifre astronomiche: “Se il Campidoglio chiede 15mila euro per un concerto al Colosseo, noi mica possiamo sparare 1 milione di euro. Non saremo competitivi”, dicono. Frongia, dal canto suo, precisa: “Noi, come Roma Capitale, non li abbiamo sfrattati, hanno titolo per rimanere quindi le date (il 28 febbraio ndr) che danno i gestori come ultimatum sono date che danno ai propri dipendenti”. E aggiunge: “Non dimentichiamo che c’è un’indagine della Corte dei Conti che riguarda tutte le precedenti amministrazioni perché Capannelle era stato concesso ad Hippogroup a un prezzo troppo basso”. Pautasso si difende spiegando che dal 2003 al 2011 la Hippogroup ha avuto un canone di 2,4 milioni annui ma ne ha pagato solo una parte a causa dei debiti accumulati. “Siamo andati al concordato preventivo in continuità e il canone è sceso a 1 milione e, dal momento che nel 2012 l’Unire aveva dimezzato i compensi di tutti gli ippodromi italiani, per Capannelle non era più sostenibile nemmeno rispettare il piano concordato col tribunale”, ricorda Pautasso. Ed è così che il Comune, dopo aver chiesto alla società di gestione di costruire le piste per le corse del trotto (che prima si tenevano a Tor di Valle) ha deliberato di ridurre il canone a 66mila euro. “Nel 2016 scade la concessione e, con l’arrivo della nuova giunta arriva anche la richiesta di lasciare l’impianto entro il 2 gennaio 2017 e, in seguito, di pagare un canone da 2,4 milioni all’anno”, conclude Pautasso. Diversa la versione dei fatti esposta dall’assessore Frongia che sottolinea: “Non c’è alcun aumento di canone che originariamente partiva da 4 milioni, poi ridotto a 2 milioni in sede di bando e dimezzato a un milione da precedenti giunte. In seguito ridotto temporaneamente, fino alla fine del 2016, a 66mila euro anni. Dal 2 gennaio 2017, finito il periodo della concessione, il canone è tornato a un milione”.
Lo sconcerto dei lavoratori
Anche se appare sempre più difficile, sia il Comune, sia la società di gestione di Capannelle auspicano che si trovi presto una soluzione anche perché, come al solito, a farne le spese sono sempre i dipendenti che ammontano a circa 4-500 persone se si considera anche l’indotto che ruota attorno all’ippodromo. “Siamo molto in difficoltà e aspettiamo con ansia che si trovi una soluzione. Non sappiamo dove andare. Siamo tutte persone che vogliono lavorare e nessuno di noi vuole il reddito di cittadinanza”, attacca Roberto Faticoni, del sindacato dei guidatori professionisti del trotto, che aggiunge: “A Roma stanno ammazzando lo sport, basti pensare alle Olimpiadi, allo stadio Flaminio, allo stadio della Roma e se la società di gestione se ne va da qui, il giorno dopo questo posto diventa il più grande centro d’immigrati o rom d’Europa”. Secondo Marco Oppo, responsabile ufficio corse del galoppo, “il rilancio dell’ippica italiana non può che passare da Capannelle, l’unico ippodromo che nel 2018 ha avuto segno positivo con le scommesse”. Inoltre, a risentire della chiusura dell’impianto saranno anche i cavalli che “dovranno trovare una nuova ‘casa’ con tutte le spese che questo comporta ai proprietari e non dimentichiamoci che gli altri ippodromi sono già pieni di gare e, quindi, non potrebbero assorbire anche quelle di Capannelle”.
A contestare la posizione della giunta Raggi c’è anche la Lega che, con l’esponente locale Alessandro Conte, ricorda come Capannelle sia “un pezzo di storia dello sport e di Roma”, “un bene culturale da tutelare” e, perciò, “la giunta ha tutto il diritto di chiedere una nuova gara ma questa deve essere fatta quanto prima per poter mantenere attiva la gestione dell’impianto e per consentire ai lavoratori dell’indotto di mantenere il loro posto”.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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