Per Alessio Burtone, il giovane in carcere con l'accusa di aver ucciso una donna romena con un pugno nel corso di una lite alla metro Anagnina l'8 ottobre del 2010, è un'ottima notizia: a quanto pare non fu la caduta a seguito del colpo da lui sferrato a causare la morte di Maricica Hahaianu. L'arresto respiratorio che portò alla morte dell'infermiera «si verificò a seguito di un danno a livello del tronco» dell'encefalo insorto a seguito di «vasospasmo dell'arteria basilare». Lo hanno scritto Giuseppe Vetrugno, specialista in medicina legale e Carmelo Anile, primario di neurochirurgia, nella perizia che gli è stata affidata dalla prima Corte d'Assise di Roma che sta processando Burtone per omicidio preterintenzionale. Per i due esperti è poco probabile che il danno al tronco si sia verificato al momento della caduta a terra di Maricica dopo il colpo in faccia. E su questo dettaglio, che oggi verrà illustrato in aula dai periti, la difesa di Burtone è pronta a dare battaglia. La relazione conferma la tesi dell'avvocato Fabrizio Gallo, che ora chiederà la derubricazione dell'accusa in lesioni gravi. «Dalla lettura della perizia - sostiene il legale - finalmente emerge, anche se non ci sono certezze definitive, quello che stiamo dicendo da più di un anno, cioè che la signora è morta per la rottura del tronco encefalico, circostanza avvenuta dopo il ricovero in ospedale. Pertanto il determinismo della morte è arrivato a seguito dell'intervento chirurgico e non al momento dell'ingresso in ospedale».
Per quanto riguarda la condotta dei medici del Policlinico Casilino che hanno curato la donna per una settimana prima che morisse, i periti ritengono che non sia possibile affermare, in base ai documenti esaminati, che la loro condotta abbia avuto un ruolo nella sua morte.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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