Nuovo derby toscano-democratico fra il presidente della Regione, Enrico Rossi, e il sindaco di Firenze, Matteo Renzi. Stavolta tutto nasce dalle dichiarazioni del «rottamatore» sui dipendenti comunali: «Chiamarli Fantozzi sarebbe far loro un complimento - ha detto Renzi - timbrano alle 14 e già un quarto d'ora prima sono in coda col cappotto, pronti ad uscire». Parole che non sono piaciute molto a Rossi.
I match precedenti fra il governatore e il primo cittadino della «capitale» toscana si sono giocati sul campo amministrativo dell'urbanistica, e in particolare sul progetto della «Cittadella» (il nuovo stadio della Fiorentina) poi sull'aeroporto, e ancora sulla politica, con i rimproveri che il più anziano e misurato Rossi ha indirizzato al rivale sulle picconate («Se si piccona tutto non si vince») in particolare dopo le dichiarazioni sul Nuovo Ulivo: «Mi fa sbadigliare», disse Renzi, «Non si irride all'Ulivo» rispose l'altro.
I due non potrebbero essere più diversi per formazione e indole. Rossi ha 53 anni, è pisano, ha un carattere rigoroso e serio, è il tipico figlio del Pci toscano e ha costruito la sua carriera passo per passo. Renzi, 36 anni, è cattolico, viene dalla parrocchia e dagli scout, ma ha il piglio del fiorentino, ama la battuta pirotecnica ed è «nato» politicamente che era già presidente della Provincia di Firenze. Ora si dice che abbiano entrambi ambizioni nazionali, e sembrano fatti per non capirsi.
La rivalità - o meglio ancora la diversità - fra i due è tornata a emergere dopo l'ultima discussa uscita del giovane cittadino, che ha paragonato alcuni dipendenti comunali al ragionier Fantozzi, l'ormai mitico personaggio creato e interpretato al cinema da Paolo Villaggio. «Ognuno si esprime e dice quello che pensa», lo ha gelato il presidente Rossi, rispondendo a chi gli chiedeva un commento. Un modo per prendere le distanze, evidentemente, anche se il resto della riflessione di Rossi testimonia che - anche stavolta - non è tanto il merito della questione a dividerli, quanto lo stile.
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