Francesca Scapinelli
«Una grande, nobile fiaba»: così lattore siciliano Pippo Pattavina descrive Opéra comique di Nicola Fano, al debutto in prima nazionale questa sera al Quirino. Nasce da unidea di Antonio Calenda - che ne è anche il regista - questopera tutta italiana che riesce nellimpresa di amalgamare la tradizione del varietà con quella del melodramma. Lo spettacolo, in scena alla sala intitolata a Vittorio Gassman fino al 12 novembre, può definirsi come una commedia musicale, prosa cioè in cui viene «incastonato» un quarto dora di lirica (loperina Le bon marriage che altro non è che una rivisitazione dei Promessi sposi). Protagonisti sono lo stesso Pattavina e un altro veterano del palcoscenico, Tuccio Musumeci.
La storia è ambientata negli anni Trenta dellOttocento, quando cioè Gioachino Rossini, raggiunto lapice del successo con il Guglielmo Tell, si è ritirato in Francia come un principe della cultura, senza più comporre. Lattesa di un nuovo lavoro del maestro è però spasmodica, ed è appunto questo clima di curiosità e impazienza collettiva che sta al centro di Opéra comique. Per scovare infatti lultima, misteriosa fatica rossiniana, limpresario Domenico Barbaja spedisce a Parigi una coppia di buffi pasticcieri-musicisti (in cui si possono scorgere i caratteri del «mamo», figura tradizionale della commedia dellarte). Tra citazioni colte, arie di Rossini e momenti di grande ilarità come pure di malinconia, si arriva a un finale inatteso. «Sono grato allEnte teatrale italiano che ha subito accolto lo spettacolo, una riflessione implicita sulle condizioni attuali dellarte scenica in Italia - spiega il regista e direttore dello Stabile del Friuli-Venezia Giulia -. NellOttocento infatti cera una trepidazione, unattesa quasi insostenibile della prima. Oggi è tutto omologato, mancano la speranza e lemozione che circondavano il rito poetico collettivo del teatro».
«Solo grazie a testi come Opéra comique il teatro può mantenere la sua eternità - osserva Pippo Baudo, presidente dello Stabile di Catania -.
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