Come abbiamo visto in più occasioni, il Long Covid può lasciare strascichi ben peggiori della malattia in sè che, nella stragrande maggioranza dei casi, guarisce in pochi giorni o addirittura compare e scompare in maniera asintomatica. Non è così per il cervello, organo che a volte può essere colpito in maniera indiretta dal virus.
Ecco cosa succede
Alcuni studi suggeriscono che il cervello possa essere interessato o da una "diffusione diretta del virus o anche un'ipossia (carenza di ossigeno) secondaria o un danno tissutale da reazione immunitaria. I sintomi possono essere parte di sequele post-acute o interessare persone che hanno avuto una forma lieve di Covid", ha affermato il prof. Giulio Maira al Messaggero, neurochirurgo all'Humanitas di Milano e presidente della Fondazione Atena Onlus, Roma. Sars-CoV-2 può colpire in due modi anche dopo la guarigione: non bisogna sottovalutare, a lungo termine, la "nebbia mentale" di cui ci siamo occupati sul ilGiornale.it, fenomeno che si manifesta con scarsa concentrazione, "vuoti di memoria, confusione, fatica e stanchezza mentale, rallentamento". Come spiega il professore, questo sintomo si manifesta nel 70% di chi ha il Long Covid: il restante 30% può accusare il classico mal di testa ma anche disturbi del sonno.
La cura non esiste
Anche se adesso, con Omicron e con i vaccini, l'infezione fa meno paura, quei sintomi possono manifestarsi ugualmente anche se in maniera minore (-40%) sui vaccinati. "Mancando una certezza sulle cause, una cura specifica non esiste", spiega Maira, che consiglia una corretta anamnesi del soggetto oltre a una cura con il cortisone se il proprio medico di base lo riterrà opportuno, "una riabilitazione neurologica e cognitiva e un supporto con complesso vitaminico del gruppo B".
Cosa succede ai giovani
Purtroppo, però, nemmeno i più giovani sono immuni dal Long Covid, sebbene i casi siano nettamente inferiori rispetto agli adulti. Fino a questo momento, a esserne colpiti sono il 17% dei bambini che hanno avuto l'infezione con l'insonnia (9%) il sintomo più comune. Nella maggior parte dei casi, però, si hanno sintomi più lievi quali congestione nasale, spossatezza, un po' di mal di testa e senso di fatica. Altre volte il minorenne non ha avuto appetito o ha subìto una tosse continua e duratura. Tra gli effetti classici, poi, c'è sempre la difficoltà di concentrazione. Isolamento e cambiamento forzato di vita hanno "colpito molto i giovani, nella psiche e nella crescita mentale, togliendogli un pezzo di mondo, come al resto della popolazione, ma con la differenza che per loro era fondamentale per completare la maturazione e la strutturazione del loro cervello", ha affermato il prof. Maira.
I biomarcatori "veggenti"
La buona notizia è che uno studio italiano del Cnr-Ibbc di Napoli ha scoperto che grazie a specifici biomarcatori, si può prevedere se il Long Covid colpirà quel giovane o se sarà immune. La ricerca è consultabile su Diagnostics. "Abbiamo misurato i livelli di alcuni biomarcatori infiammatori e di due neurotrofine (Ngf e Bdnf), fattori proteici che regolano la crescita, la sopravvivenza e la morfologia dei neuroni" ha spiegato a Repubblica il prof. Marco Fiore, uno degli autori dello studio. Da qui, sono stati fatti tre gruppi distinti divisi in asintomatici, sintomatici acuti e sintomatici acuti che hanno sviluppato il Long Covid e confrontati con chi non aveva avuto nulla. Ebbene, "In seguito a tutto ciò abbiamo riscontrato che i livelli sierici di Ngf erano inferiori in tutti gli adolescenti che avevano contratto l'infezione da Sars-Cov-2, rispetto ai controlli sani "- ha sottolineato Fiore. "La relazione inversa fra livelli di Ngf e sindromi da stress è ampiamente riportata dalla letteratura scientifica".
Gli studi andranno avanti ma le
variazioni di Ngf e Bdnf sono chiaramente un campanello d'allarme per chi poi svilupperà il Long Covid ed aprono nuovi scenari per la cura e le indagini approfondite per prevenire gli effetti a lungo termine dati dalla malattia.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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