Secondo gli scienziati della Stanford School of Medicine i benefici per la salute derivanti dal consumo di fibre alimentari variano da indivduo a individuo a seconda della dose e del tipo di fibra. Lo studio, coordinato dal genetista Michael Snyder, è stato pubblicato sulla rivista "Cell Host & Microbe". Le fibre alimentari sono carboidrati che vengono metabolizzati in maniera selettiva dai microbi intestinali e quindi sono indigeribili per l'essere umano. Una dieta ricca delle stesse abbassa i livelli di colesterolo cattivo e, di conseguenza, riduce il rischio di ictus, infarto e malattie cardiovascolari. Da un punto di vista chimico le fibre sono differenti per lunghezza, ramificazione, solubilità, carica e altre proprietà. Capire come esse influenzano il microbioma, la biochimica e la fisiologia è importante al fine di migliorare la salute.
A tal proposito i ricercatori hanno studiato gli effetti fisiologici dell'integrazione alimentare con due fibre solubili comuni e strutturalmente distinte: arabinoxilan (AX) tipica dei cereali integrali e inulina a catena lunga (LCI) che si trova nelle cipolle, nella radice di cicoria e nel topinambur. Il team, utilizzando la metagenomica delle feci, la proteomica plasmatica, la metabolomica e la lipidomica, ha analizzato le citochine sieriche e i valori clinici in 18 partecipanti. Questi ultimi hanno consumato 10 grammi di fibre al giorno durante la prima settimana, 20 grammi durante la seconda settimana e 30 grammi durante la terza settimana.
Dai risultati è emerso che si sono verificate risposte microbiche e sistemiche fibrose, spesso dose-dipendenti. In media il consumo di arabinoxilan (AX) è stato associato a una significativa riduzione delle lipoproteine a bassa densità (LDL), il cosiddetto colesterolo cattivo, e ad un aumento degli acidi biliari. Tuttavia si è constatata una riduzione delle risposte individuali e per alcuni soggetti si è notato un lieve o addirittura un assente cambiamento dei livelli di colesterolo. L'inulina a catena lunga (LCI) ha comportato una modesta diminuzione dei marcatori dell'infiammazione e un incremento di Bifidobacterium, un batterio intestinale noto per produrre acidi grassi sani a catena corta.
Ma a una dose più alta è seguito un aumento della flogosi e dei valori di un enzima epatico, ovvero l'alanina aminotransferasi. Ancora una volta, però, le risposte potenzialmente negative erano variabili tra i partecipanti. Due i limiti dello studio: la breve durata e il numero esiguo delle persone coinvolte.
Ad ogni modo, secondo il team, esso fornisce approfondimenti sui meccanismi alla base della riduzione del colesterolo indotto dalle fibre. Inoltre rivela gli effetti deleteri derivanti dall'elevato consumo di inulina ed evidenzia che i benefici delle fibre sono soggettivi e dipendono dalle dosi e dalla tipologia delle stesse.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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