A volte ritornano. E non si sta parlando dei racconti di Stephen King, ma di forme tumorali che recidivano, preoccupando la maggior parte dei pazienti che vivono con una specie di spada di Damocle. La malattia fa sempre paura. Non è semplice per nessuno affrontare un tumore. «Noi specialisti, però, abbiamo il dovere di trasferire informazioni corrette per spiegare al meglio che oggi, grazie a metodologie sofisticate e avanzate, possiamo garantire in molti casi la guarigione».
È il professore Patrizio Rigatti, con al suo attivo circa 55mila interventi chirurgici di urologia oncologica, di chirurgia ricostruttiva dell'uretra, della vescica e dell'uretere, a voler sensibilizzare i pazienti oncologici al raggiungimento dell'obbiettivo di risolvere la malattia, perché il rischio di recidive potrebbe incombere, ma è possibile prevederlo e affrontarlo al meglio. «Purtroppo vi sono pazienti che, una volta superato il primo trattamento del tumore, diventano fatalisti e non seguono i consigli e i protocolli, dimenticandosi talvolta di seguire le indicazioni degli esperti. Il rischio ricaduta incombe, è quindi doveroso individuare le recidive in fase iniziale per anticiparne lo sviluppo». La scienza e la ricerca hanno fatto passi da giganti: esistono nuove metodologie in fase sperimentale a livello internazionale, come l'individuazione delle cosiddette cellule tumorali circolanti (CCC) tramite un prelievo del sangue e attraverso lo studio delle stesse, è possibile conoscerne la quantità in circolazione e se possono, potenzialmente, generare noduli tumorali. Se sono sensibili ai farmaci utilizzati, all'immunoterapia o se, invece, sono sensibili ad altri medicinali. In Italia non sono molti i centri che hanno la possibilità di eseguire, quindi talvolta collaboriamo con l'estero (Germania, Francia Stai Uniti ecc.) dove ne eseguono da tempo. Avere le giuste informazioni sulle recidive rappresenta un'arma importante che può davvero salvare la vita.
Ma non è tutto, il professore Rigatti spiega le possibilità sia in termini diagnostici, sia di trattamento delle recidive che interessano il tumore alla vescica, al rene e alla prostata. «Premetto che, ogni volta che si va ad asportare un tumore, è inevitabile che vadano in circolo cellule tumorali che talvolta sfuggono ai nostri sistemi di difesa - spiega - Ecco perché fino ad oggi si sottopone in molti casi il paziente a chemio o a radio. Oggi avendo a disposizione nuove conoscenze può essere prescritta una terapia personalizzata per ogni paziente, si parla infatti di target therapy». Per quanto riguarda il tumore alla prostata, se per il 40% il suo sviluppo è legato ad una predisposizione genetica, per il 60% dipende dallo stile di vita. Ecco perché è importante eseguire una anamnesi accurata per individuare una eventuale familiarità o altri fattori di rischio. «In caso di recidive, oggi, grazie alla chirurgia, alla radioterapia e alle cure mediche moderne possiamo garantire il 91% di sopravvivenza. Si possono proporre ad esempio oggi un trattamento immunoterapico con PARPi, un trattamento teragnostico con il Lutezio 177 ecc. Si tratta di novità che possono essere utilizzate quando radio o le varie terapie mediche non risultano più efficaci».
In pochi sanno che il tumore alla vescica è legato al contatto con l'urina ed è classificato come superficiale o infiltrante la muscolatura. In genere, quelle che recidivano sono le prime perché percentualmente sono più numerose. «Per cercare di limitare lo sviluppo di recidive, si cerca di intervenire sulla qualità delle urine promuovendo una dieta alimentare specifica, ricca di acqua controllata, con integratori come l'acido ialuronico che ha l'obbiettivo di proteggere la vescica stessa, bandendo invece il fumo e limitando l'uso di solventi». È in corso un altro studio sperimentale con la fenolia, un olio che parrebbe inibire le cellule tumorali circolanti della vescica. È oggi molto utile per individuare precocemente le recidive, eseguire spesso l'esame FISH sulle urine. «Questo esame permette di individuare dentro i cromosomi cellulari la presenza dei geni del tumore. È utile sapere che per trattare le recidive del tumore alla vescica, sia infiltrante che superficiale, che queste sono molto sensibili al calore. Attraverso l'ipertermia con l'eventuale immunoterapia, è possibile distruggere le cellule tumorali non rispondenti alle altre terapie».
Peccato che questa metodica oggi sia poco sostenibile a livello economico dal servizio sanitario. Le recidive del tumore al rene sono abbastanza rare. «Nell'eventualità la radioterapia e i nuovi farmaci immunoterapici si dimostrano sulle recidive più efficaci della chemioterapia», ha concluso.
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