Ha lasciato il mondo intero diviso in due il primo caso di eutanasia applicata ad un minorenne malato terminale. Infatti, la notizia che arriva dal Belgio - paese in cui la pratica è consentita dalla legge - ha spaccato l'opinione pubblica: da un lato l'insurrezione del mondo cattolico, per cui la vita è qualcosa di sacro e solo Dio ha il potere di toglierla, dall'altro la sfera laica che da anni si batte per il diritto di scegliere quando poter morire.
Mina Welby, la vedova di Piergiorgio che nel 2006 ha deciso di staccare la spina dai macchinari che lo tenevano in vita, in un'intervista a Repubblica commenta: "Penso che non si possa parlare di eutanasia per ragazzi con meno di 13 o forse 15 anni, a seconda della loro maturità. Devono comunque essere persone in grado di decidere, e a quell'età in genere lo sono".
E continua: "Il medico deve essere particolarmente preparato, per spiegare al ragazzo quello che sta accadendo e non creargli disagi o malesseri. Sono convinta che questi episodi avvengano anche in Italia, ma nel silenzio. Bambini che soffrono di malattie terribili vengono sedati e lasciati andare via senza soffrire. Ovviamente non sono mai decisioni prese nel giro di mezz'ora o senza valutare le alternative, ma meditate con coscienza". Credo che i genitori debbano essere così bravi da vivere la decisione insieme al loro ragazzo o ragazza. E da trasmettergli in ogni caso serenità".
Ma se in Belgio si discute sull'eutanasia per minori, va detto che in Italia non vi è nemmeno una legge che regolamenti quella per gli adulti. Filomena Gallo segretario dell'Associazione Coscioni - Istituto che aiuta le persone che hanno deciso di morire a mettersi in contatto con le cliniche svizzere, dove la pratica è legale - dichiara al Messaggero : "Da noi non esiste neppure la legge per gli adulti, è ferma da tre anni in commissione alla Camera. E nel testo non è prevista la possibilità di applicare l'eutanasia ai minori".
La stessa Maria Antonietta Farina Coscioni, presidente dell'Istituto Coscioni, non rimane in silezione di fronte all'accaduto e vede nella notizia "un buon esempio di civiltà, una traccia da seguire, una legge che tutela e riconosce la soggettivià dei minori". " Lo Stato ha rispettato la volontà di un suo cittadino. - commenta la donna - Di fronte allo strazio di una malattia incurabile, quando la fine della vita è vicina e il dolore troppo forte, un Paese europeo ha ritenuto che la volontà del minore non contasse meno del parere dei genitori. È una conquista. E a due anni dell'approvazione della legge, questo è il primo caso. La prova di un assetto sociosanitario e normativo molto serio e strutturato. Esiste un preciso protocollo che prevede l'opzione eutanasia solo in particolari condizioni. Non esiste un rischio di deriva".
E aggiunge: "La sedazione profonda è l'alibi di chi ha paura di riaprire il dibattito sui casi di fine vita più strazianti. Pur sapendo tra l'altro che lo Stato - questo Stato - non ha la forza e i mezzi per sostenere i malati terminali, specie per malattie rare e patologie incurabili tali da creare una condizione di evidente indegnità esistenziale, aumentando prostrazione e frustrazione. Un dramma nel dramma".
Umberto Veronesi - ex ministro della salute, scrive invece su Repubblica :"L'idea di effettuare l'eutanasia su un minore provoca un rifiuto immediato, anzi un senso di ribellione e poi di condanna per chiunque abbia osato anticipare la morte di un bambino. Anche se a chiederlo sono genitori desiderosi di porre fine all'agonia di un figlio, inutilmente prolungata da terapie dolorose e invasive.
L'oncologo, però, nonostante la decisa presa di posizione, ritiene che "nei Paesi che hanno sviluppato una cultura civile e giuridica sui temi del rifiuto dell'eccesso di cure (il cosiddetto accanimento terapeutico) e del rispetto della volontà di dire basta a una vita resa insopportabile da una malattia incurabile, l'atto di porre fine anticipatamente alla vita di un bambino straziata dal dolore, è invece oggetto di dibattito approfondito e di riflessione politica".
E spiega: " Anche in queste situazioni drammatiche una buona legge è di grande aiuto, perché sia i genitori che i medici sanno che la società e le istituzioni tutelano le loro decisioni e, ove possibile, le sostengono, creando commissioni di esperti ad hoc e fornendo ogni tipo di assistenza e di consulenza.
In Italia i genitori che si trovano in una situazione analoga sono completamente soli nella loro disperazione".E conclude: "La libertà di cura (e dunque anche di rifiutare la cura) è un diritto sancito dalla nostra Costituzione. E se c'è un diritto una legge dovrebbe tutelarlo".
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