Scuderie di Villa Ada, col degrado non si gioca

Il Coffee House dei reali d’Italia, restaurato nel dicembre 1999, è senza più porte-finestre ed è devastato dai writer. Le «case di bambola» delle principesse Savoia, sono sempre abitate da barboni. L’ingresso del rifugio antiaereo di Vittorio Emanuele III ha la recinzione abbattuta e le porte in metallo scardinate. Le stesse scuderie reali, in attesa dell’inizio dei lavori (annunciato per la primavera 2008) per il «sedicesimo museo civico» del Campidoglio, sono lasciate in balia dei writer e dei vandali, con scale e terrazzi pericolanti e accessibili al pubblico. L’ex parco reale di Villa Ada, scelto dal sindaco Walter Veltroni come sede del nuovo Museo del Giocattolo, versa in uno stato di totale abbandono.
Pericolosamente accessibile è anche il bunker antiaereo che passa proprio sotto il futuro museo. L’ingresso si trova a poche decine di metri a nord-est del consolato egizio, ex residenza dei reali d’Italia. Il rifugio è in abbandono da 60 anni. Il viale che conduceva all’entrata ora è scomparso sotto la fitta vegetazione infestante. Ma un sentiero molto battuto conduce al bunker, oltre la recinzione abbattuta e un groviglio di tronchi di alberi caduti. L’entrata è coperta di scritte con lo spray. Le due porte principali blindate sono chiuse, ma la porta laterale in metallo è stata scardinata. Il tunnel appare cosparso di rami e rifiuti stratificatisi nei decenni e sbuca oltre la prima scuderia con le teste di cavallo e lo stemma sabaudo in rilievo. L’uscita diroccata. Oltre un cancelletto rugginoso e svirgolato, il tunnel appare in totale sfacelo. In completo abbandono sono anche gli edifici che dovranno ospitare «il più grande museo del giocattolo d’Europa». Intere pareti coperte di scritte, vetrate sfondate sistematicamente ma - quel che è più grave - scalinate pericolanti e accessibili al pubblico. Come quella nel retro dell’edificio centrale. Chiusa da un cancelletto all’indomani dello sgombero degli occupanti abusivi nel lontano 1999, ora la scala è tutta percorribile fino al tetto a terrazzo, ma estremamente pericolosa, sia per la ringhiera pencolante, sia per il crollo di alcuni gradini.
In completo abbandono le uniche due strutture storiche restaurate dal Campidoglio negli ultimi 30 anni: il Coffee house (o Tempio di Flora) e il Belvedere. I lavori di ripristino, come si ricorderà, terminarono nel dicembre 1999, dopo due anni di lavori e 3 miliardi e 800 milioni di fondi per il Giubileo. Il tempietto, dove Vittorio Emanuele III veniva a prendere il caffè con i capi di Stato esteri, per anni era stato rifugio di barboni tedeschi. Otto anni fa fu restaurato. Il Campidoglio annunciò anche il ritorno all’antica destinazione d’uso. Ma 8 anni dopo tutte le porte finestre sono state rubate. All’interno si accumulano foglie e rami. Sui muri scritte con nome e cognome di innamorati. La fontana è a secco e le vasche sono piene di rami, foglie e blocchetti di tufo. Il vicino Belvedere è invaso dalle piante infestanti e tutto scarabocchiato da scritte.

Addossata alla recinzione di quella che era la residenza dell’ultimo re d’Italia, la più integra delle «case di bambola» costruite per le sue figlie è rifugio di un barbone. Dentro cumuli di carta assorbente, giacigli di fortuna e una vecchia sedia.

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