Roma - Una nuova polemica agita le acque in seno alla maggioranza. Ancora una volta è la Lega Nord che alza la voce. Questa volta lo fa per far passare un punto, nella riforma della scuola, a cui il Carroccio tiene molto: la salvaguardia dei dialetti e delle tradizioni locali. I professori dovranno superare un "test dal quale emerga la loro conoscenza della storia, delle tradizioni e del dialetto della regione in cui intendono insegnare". Stop dunque alla selezione basata sui titoli di studio. È quanto la Lega chiede che venga inserito nella riforma della scuola ora all’esame della commissione Cultura della Camera. Ma il presidente della commissione, Valentina Aprea (Pdl), dice no e sconvoca il comitato ristretto investendo della questione direttamente la conferenza dei capigruppo di Montecitorio. La Lega però si oppone. E la riforma, per il momento si blocca.
Braccio di ferro "Il presidente Aprea - spiega Paola Goisis, deputata della Lega e presentatrice della richiesta - ci ha detto che il testo dovrà essere discusso direttamente in aula. Ma a questo noi ci opporremo perché non si può scavalcare così la volontà di un partito di maggioranza e la stessa Commissione". "Noi avevamo presentato una proposta di legge di riforma della scuola. Ma questa non è stata condivisa da tutta la maggioranza. Così - racconta ancora la parlamentare leghista - abbiamo chiesto che ne venisse recepita almeno una parte nel testo unificato che ora era all’esame della Commissione Cultura. Abbiamo rinunciato a tutto, tranne che ad un punto sul quale insisteremo fino alla fine: ci dovrà essere un albo regionale al quale potranno iscriversi tutti i professori che vogliono. Ma prima dovrà essere fatta una pre-selezione che attesti la tutela e la valorizzazione del territorio da parte dell’insegnante".
Un test per i professori La Lega, cioè, chiede di inserire un test, per i professori, che attesti, per dirla con le parole di Paola Goisis, "il loro livello di conoscenza della storia, della cultura, delle tradizioni e della lingua della regione in cui vogliono andare ad insegnare". I titoli di studio, quindi, passeranno decisamente in secondo piano. "Non garantiscono un’omogeneità di fondo - osserva il deputato del Carroccio - e spesso risultano comprati. Pertanto non costituiscono una garanzia sull’adeguatezza dell’ insegnante. Questa nostra proposta che, ripeto, è l’unico punto che noi chiediamo venga inserito nella riforma, punta ad ottenere una sostanziale uguaglianza tra i professori del Nord e quelli del Sud. Non è possibile, infatti, che la maggior parte dei professori che insegna al nord sia meridionale". Paola Goisis ricorda quindi che lei tempo fa presentò una proposta di legge per rendere obbligatorio l’insegnamento del dialetto nelle scuole. È evidente che le cognizioni che hanno i nostri ragazzi in Veneto, ad esempio, siano diverse da quelle degli altri perchè in Veneto si parla molto il dialetto".
Albo regionale L’esponente del Carroccio si dice quindi d’accordo sull’ipotesi di istituire un albo regionale per gli insegnanti, ma ci dovrà essere però prima una selezione sulle conoscenze "della lingua, della tradizione e della storia delle regioni dove si intende insegnare". Altrimenti la Lega si metterà di traverso sulla riforma. "Spero davvero che il testo non venga calendarizzato prima di un chiarimento all’interno della maggioranza - dice - Non può essere scavalcata così la volontà del secondo grande partito della maggioranza". Valentina Aprea (Pdl), proprio per evitare una discussione che spaccasse ulteriormente Lega e Pdl sul punto ha sconvocato il comitato ristretto in attesa di decisioni che, secondo lei, dovrebbe prendere la conferenza dei capigruppo di Montecitorio.
Il Pd va all'attacco Il capogruppo del Pd in commissione Cultura, Manuela Ghizzoni,
contesta l’atteggiamento del centrodestra: "Stupisce veramente la profonda spaccatura - sottolinea - L’istruzione è un tema troppo serio e non può divenire oggetto di pericolose incursioni ideologiche dal sapore tutto nordista".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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