Prima o poi doveva succedere, dobbiamo farcene una ragione. I cinesi stanno comprando tutto dell'Occidente, persino il debito degli stati sovrani, ma questa iperattività non lascia molto tempo alla seccante attività di genitori: così, ultimamente hanno preso a comprarsi anche qualche madre per i propri figli.
La notizia Ansa arriva da Napoli, dove gli estremi e i paradossi della vita sono sempre avanti di qualche tempo rispetto al resto d'Italia. Ma è chiaro che il fenomeno non riguarda solo Napoli: i cinesi sono sempre più presenti e sempre più ricchi, gli italiani cominciano ad essere sempre più poveri, normale che il mondo si capovolga di colpo. Altro giro, altra corsa: tocca a noi fare i lavori che gli extracomunitari non possono e non vogliono più fare.
Un luogo per tutti, i rioni popolari attorno alla stazione centrale: in questa zona è sempre più facile incontrare mamme italiane che spingono passeggini con dentro bambini dagli occhi a mandorla. Non sono figli loro: sono i piccoli che i grossisti cinesi, ormai radicati in quella parte della città, non hanno più tempo di crescere in casa. Queste donne sono nel fiore degli anni, intorno ai quaranta, alcune già madri di due o tre figli: tutte quante, nella città in cui tre donne su quattro sono disoccupate, non esitano a portarsi in casa dal lunedì al sabato il bambino dei signori cinesi. Tariffario: cinquecento euro netti al mese, seicento con cibo e pannolini. Ovviamente pagamento in nero. Solitamente la mamma in affitto alleva il bambino fino al compimento del quarto anno, dopodichè la famiglia provvede a rispedirlo in patria, per un'educazione cinese. E pazienza se a quel punto, il più delle volte, il piccolo parla già napoletano stretto e fatica mortalmente a riciclarsi in cinese. É la mondializzazione, ragazzo mio.
Tra le nuove balie, nessun problema a confessare la propria scelta. Annamaria, quarant'anni, tre figli e un marito che lavora saltuariamente. Il bambino preso in casa è figlio di un grossista che abita nel rione Case Nuove, accanto alla stazione. La mamma vera del piccolo è tornata in Cina, lasciando a Napoli il figlio. Durante la settimana, Annamaria la sostituisce a tempo pieno. Quando arrivò in casa, il bambino aveva sei mesi. Adesso ha due anni, parla italiano e la chiama mamma. La domenica sta un po' col papà di sangue, anche se «non vuole mai andarci - spiega la stessa Annamaria - perché fatica a riconoscerlo e proprio non lo capisce, quando parla».
Ci sono anche donne che uniscono l'utile di uno stipendio alla gioia di una maternità finora impossibile. Franca s'è presa in carico una neonata cinese che ha chiamato Sabrina. Ora la piccola ha otto mesi. Spesso la donna dimentica che quella creatura non è figlia sua. L'idea che un giorno la famiglia se la venga a riprendere addirittura la getta nello sconforto: «Non ci voglio nemmeno pensare, per adesso mi godo mia figlia».
Nel mercato libero, molto libero, senza regole e senza confini, delle baby-sitter a orario continuato, c'è veramente di tutto. Le donne s'inventano un nuovo lavoro, gli infaticabili imprenditori cinesi s'inventano un comodo parcheggio domestico, i bambini s'inventano una famiglia alternativa, ma evidentemente resta aperto uno spazio enorme per interrogarci su quale sia il nostro destino. Le ipotesi più catastrofiste ci spiegano già da tempo che nel giro di qualche decennio saremo colonizzati dalla Cina. Questo Paese è ormai il primo creditore degli Stati Uniti, di mezza Europa, di mezza Africa, ultimamente lo sta diventando anche dell'Italia. Essere creditori significa essere padroni: è una piccola regola, ma basilare, dell'economia. E noi cominciamo ad averne molti, di padroni acquisiti. Oltre ai Btp, abbiamo venduto aziende, case, terreni. Ci sono intere vallate della Toscana, dell'Umbria, ultimamente delle Marche e del Salento, di proprietà americana, tedesca, inglese. Come ha appena scritto sul Wall Street Journal lo storico scozzese Niall Ferguson, immaginando l'Europa del 2021, tra dieci anni noi ci ritroveremo a campare neanche tanto male come giardinieri dei proprietari stranieri, naturalmente pagati in nero (e chi lo affossa, questo made in Italy).
In realtà non sappiamo con certezza dove ci porterà la grande crisi, però stiamo cominciando a intuire qualcosa. Le mamme napoletane, che per fiuto e arguzia non sono mai seconde a nessuno, hanno già preso le prime contromisure.
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