RomaUna lunga inutile (e inconsapevole) corsa contro il tempo, vanificata da una notizia inattesa in tempi così brevi. Un calvario che ieri ha terremotato il Senato, gli schieramenti in campo e soprattutto il centrosinistra. A Palazzo Madama ieri nessuno si aspettava una morte improvvisa. E poi quel coro finale in Aula, a suggellare limpossibilità di dialogo, il coro si alza quando il vicecapogruppo Gaetano Quagliariello accusa lopposizione di aver «perpetrato un assassinio», e dai banchi del centrodestra si leva lo slogan: «As-sas-si-ni as-sas-si-ni». Abbastanza per fare andare su tutte le furie il vicepresidente dei senatori Pd Luigi Zanda che chiede un chiarimento e ottiene il chiarimento del capogruppo dei senatori Pdl Maurizio Gasparri. Laccusa non era rivolta a nessuno nellaula.
Sì, è davvero successo di tutto ieri. A tarda sera, lepilogo, con la decisione di accantonare lesame del disegno di legge del governo e di ritornare, come proposto dal presidente dei senatori del Pd, Anna Finocchiaro, ad un testo completo che regolamenti il «fine vita», da discutere e approvare entro due settimane. La corsa senza tregua era iniziata fin dal pomeriggio, quando il dibattito si era aperto, con il duello senza quartiere tra il presidente del Senato Renato Schifani e la pattuglia dei tre senatori radicali, decisi a fare di tutto per rallentare il varo della legge. Il Pd si dichiara contrario allostruzionismo, i senatori pannelliani di fatto lo tentano. I tre radicali se ne stanno appollaiati in alto, sul lato estremo dellemiciclo. Hanno presentato mille e cinquecento emendamenti. Parlano a turno tutti e tre: prima Emma Bonino, poi Marco Perduca e quindi Donatella Poretti. Proprio al loro fianco - nel penultimo emiciclo, sempre in alto a sinistra, cè il senatore Ignazio Marino: a vederli dalla tribuna sembra che si stiano confrontando con tutta lAula, affiliati al gruppo del Pd, ma lasciati soli. Tra pregiudiziali di incostituzionalità, chiarimenti, e interventi sullordine dei lavori, sembra che ogni minuto di ritardo diventi importante. E così, un botta e risposta esemplare si verifica intorno alle otto di sera. Di nuovo in piedi Perduca: «Presidente, chiedo una sospensione per permettere di stampare la documentazione!». Schifani: «Mi dispiace, non è possibile». Perduca: «Ma se i senatori non possono prendere visione degli emendamenti, non è possibile il dibattito!». Il presidente del Senato: «È prassi consolidata di questAula discutere anche senza». Passano pochi minuti, e stavolta è la Bonino ad attaccare: «Presidente! La discussione è compressa oltre ogni misura, non abbiamo nemmeno tempo di discutere gli emendamenti». Schifani: «Il suo gruppo decide autonomamente come ripartire i tempi a sua disposizione». Infine, lultimo botta e risposta. Perduca: «Si può sapere almeno quanti emendamenti sono stati ammessi?». E Schifani: «Non ho ancora il numero esatto, ma credo che siano ottanta». Il senatore basito: «Chiedo una interruzione per poterli visionare». Schifani, irremovibile: «Mi spiace, senatore Perduca, questa possibilità non cè».
Alle sei e mezzo di sera Anna Finocchiaro era uscita dallaula dove si era tenuta la riunione del suo gruppo: «Il Pd al Senato voterà no, ma con pari legittimità politica di quei componenti che esprimeranno un voto diverso condividendo la critica aspra e durissima verso il profilo istituzionale di questa vicenda». Il suo viso è teso, il tono risoluto. Difficoltà anche quando si è trattato di decidere se e come continuare lesame del Ddl, poi abbandonato.
Chissà se Silvio Berlusconi aveva previsto fino in fondo il big bang che il decreto salva-Eluana avrebbe aperto nel Partito democratico, diviso da subito tra quattro diverse posizioni. Lorientamento prevalente per il no; la volontà di alcuni di non partecipare; la presenza di altri in Aula senza votare; e persino alcuni sì clamorosi. Nel coordinamento, di primo pomeriggio, tre dirigenti autorevoli come Rosy Bindi, Giorgio Tonini (braccio destro del segretario!) e Vannino Chiti, proponevano lidea della non-partecipazione. Ma mentre lorientamento prevalente che si delineava era quello del no, sul lato opposto, si distaccavano quelli intenzionati a votare sì: in primo luogo i cosiddetti «teodem» binettiani. La senatrice Emanuela Baio annunciava: «Se Eluana muore così sarà eutanasia». Poi cera lintenzione di non voto di Tonini e di un costituzionalista come Stefano Ceccanti (non ancora definitiva). Poi cera laltro sì (clamoroso) di Enrico Letta e quello probabile di Francesco Rutelli, che secondo le agenzie «pende per il sì». NellItalia dei valori Felice Belisario spiega: «Diamo libertà di coscienza».
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