Settembre in musica: "MiTo diventerà una festa popolare"

Il presidente Francesco Micheli presenta la grande kermesse musicale che si apre ufficialmente domani: "Quest’anno concerti in tutta la città per avvicinare i giovani alla classica. Una colonna sonora per l’Expo"

Settembre in musica: 
"MiTo diventerà 
una festa popolare"

Domani, con il concerto alla Scala dell’Orchestra del Gewandhaus diretta da Riccardo Chailly, prende il via il Festival Mito. Più di 200 gli appuntamenti fra Milano e Torino, nel cuore delle due città così come nelle aree più periferiche, fra luoghi canonici e alternativi. In alcuni casi: molto alternativi. Una pioggia di musica che si spinge fino al 23 settembre attraversando i territori della classica, il genere prediletto del Festival, quindi del jazz, folk-rock, danza e teatro. Mito è una creatura di Francesco Micheli, finanziere di lungo corso (fondò, tra l’altro, Fastweb) con una perfetta conoscenza della musica, del sistema-musica (è stato presidente del Conservatorio, siede nel cda della Scala) e dei musicisti: notoriamente ipersensibili, talvolta scostanti, spesso anime di vetro ma che con lui solidarizzano con naturalezza. È amico fraterno del pianista Maurizio Pollini, per esempio, certo uno dei nomi più eclatanti fra i 3400 che vanno a comporre il cartellone di Mito 2010.
Un’edizione che, più delle precedenti, vuole respirare con la città. In questo, una delle sollecitazioni viene da MiToFringe, un ciclo di appuntamenti fuori cartellone, nelle università, nelle periferie, nelle metropolitane e nelle stazioni. «Questa è la seconda edizione del Fringe che si è rivelata una ulteriore calamita di giovani interpreti e di pubblico nuovo. Quanto al cartellone del Festival, la risposta del pubblico quest’anno è straordinaria. Il Palasharp, con i suoi 8mila posti, è sold out, e solo una minima percentuale del pubblico è quella di abitué, per il resto si tratta di spettatori alla prima esperienza che vengono per ascoltare la Filarmonica della Scala». Con Micheli si apre il capitolo dell’evoluzione del pubblico in questi ultimi decenni. «I grandi teatri e musei vennero costruiti per la colta borghesia, per principi e regnanti. Oggi il pubblico è più sfaccettato, sensibile alle novità tecnologiche e le istituzioni devono tenerne conto. Aldilà delle polemiche sui tagli, capisco che bisogna mettere mano a questi mondi», dice stimolato sul tema. E ancora, vanno ripensate le strategie gestionali: «La cultura non è profit, da sola non può farcela: questo è un dato di fatto ma vanno ripensati i business model e i budget vanno costruiti su basi realistiche». A proposito: quanto costa un gigante come Mito? «Undici milioni e, molto faticosamente, siamo in pareggio. Un sottomultiplo rispetto ai bilanci dei grandi festival d’Europa, penso non tanto a Salisburgo, che coinvolgendo la lirica ha altri parametri, quanto a Lucerna, a Edimburgo». La formula vincente della gestione Micheli «consiste nell’applicare all’arte metodi gestionali identici a quelli impiegati nelle imprese, pur tenendo conto della specificità della materia. In più, la saggezza realistica di un direttore artistico come Enzo Restagno, l’efficienza gestionale di un coordinatore artistico come Francesca Colombo, la grande esperienza torinese di Claudio Merlo, e la presenza di una squadra di giovani e di stagisti universitari, entusiasti e dotati di una capacità di realizzazione unica, alla cinese. Fino ad ora non hanno mai sbagliato un colpo. Con questa organizzazione non si creano gli sprechi che purtroppo si verificano in molte istituzioni culturali polverose». La macchina da guerra-Mito già si prepara per il 2015. «Mito dovrà essere la colonna sonora dell’Expo.

E come tutte le programmazioni musicali deve essere decisa con molto anticipo. Il cuore del Festival pulserà sempre a settembre, ma ci sarà anche una successione di manifestazioni coerenti durante i sei mesi dell’Expo e verranno assegnate commissioni a tema ai grandi compositori».

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