Roma - La Corte Costituzionale ha in parte bocciato le norme sulle "ronde" previste dal pacchetto sicurezza del 2008-2009. La Consulta, con la sentenza 226 depositata oggi in cancelleria, ha dato il via libera all’impiego di cittadini non armati per segnalare eventi che possano arrecare danno alla "sicurezza urbana", mentre ha dichiarato illegittimo l’impiego delle "ronde" in situazioni di "disagio sociale". Si tratta infatti di interventi di politica sociale riconducibili, secondo la Suprema Corte, alla materia dei servizi sociali ritenuta di competenza legislativa regionale residuale.
La Consulta contro le ronde A impugnare dinanzi alla Consulta diverse norme del "pacchetto sicurezza" sono state Toscana, Emilia Romagna e Umbria. Le tre regioni hanno lamentato soprattutto il fatto che l’aver attribuito ai sindaci la possibilità di avvalersi di cittadini non armati con compiti di segnalazione alle forze dell’ordine di eventi che possono "arrecare danno alla sicurezza urbana ovvero situazioni di disagio sociale" avrebbe comportato la violazione della competenza legislativa statale circoscritta, in ambito di ordine pubblico e sicurezza, alla sola prevenzione dei reati e al mantenimento dell’ordine pubblico. La Corte ha accolto solo in parte i ricorsi.
Sì alla sicurezza urbana Via libera, dunque, all’impiego delle ronde sul fronte della "sicurezza urbana": i poteri esercitabili dai sindaci "non possono che essere quelli finalizzati alla attività di prevenzione e repressione dei reati, e non i poteri concernenti lo svolgimento delle funzioni di polizia amministrativa nelle materie di competenza delle Regioni e delle Province autonome". Pertanto i giudici costituzionali ritengono che la norma sulle ronde «si presenta coerente con una lettura del concetto di ’sicurezza urbanà evocativa della sola attività di prevenzione e repressione dei reati». Di tutt’altro avviso è la Consulta per quanto riguarda l’impiego delle ’rondè per segnalare situazioni di "disagio sociale". "Nella sua genericità - è scritto nella sentenza - la formula 'disagio sociale' si presta ad abbracciare una vasta platea di ipotesi di emarginazione o di difficoltà di inserimento dell’individuo nel tessuto sociale, derivanti dalle più varie cause (condizioni economiche, di salute, età, rapporti familiari e altre): situazioni, che reclamano interventi ispirati a finalità di politica sociale, riconducibili segnatamente alla materia dei servizi sociali". Si tratta di un settore, questo, che più volte la Corte ha ritenuto di "competenza legislativa regionale residuale" perché "individua il complesso delle attività relative alla predisposizione ed erogazione di servizi, gratuiti e a pagamento, o di prestazioni economiche destinate a rimuovere e superare le situazioni di bisogno e di difficoltà che la persona umana incontra nel corso della sua vita, escluse soltanto quelle assicurate dal sistema previdenziale e da quello sanitario".
La Corte ha pertanto dichiarato il comma 40 dell’articolo 3 della legge 94 del 2009 parzialmente illegittimo (solo per quanto riguarda l’utilizzo delle ronde per situazioni di "disagio sociale") per contrasto con l’articolo 117, quarto comma, della Costituzione.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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