Roma Tutti i cittadini sono uguali davanti alla legge. Anche il premier deve esserlo di fronte ai suoi processi. Se si vuole cambiare questo principio fondamentale della Carta, bisogna farlo con una legge costituzionale.
Questo ha detto ieri la Consulta, bocciando a maggioranza il Lodo Alfano nella maniera più radicale. Nessuna via intermedia, nessun rilievo riparabile con una norma ordinaria. Il no è categorico e dichiara illegittima la sospensione dei processi penali per le quattro massime cariche dello Stato, varata dal Parlamento nel luglio 2008.
Lo fa in base a due articoli della Costituzione, strettamente collegati: il 3, che stabilisce appunto l’eguaglianza dei cittadini davanti alla legge e il 138, che indica la procedura di revisione della Carta, con la doppia lettura delle due Camere a distanza di almeno 3 mesi e con la maggioranza assoluta la seconda volta. A richiesta, poi, ci sarebbe anche il referendum confermativo.
Una decisione che spazza via la possibilità a breve scadenza di un nuovo Lodo con una semplice legge. I processi a Silvio Berlusconi, dunque, potranno riprendere subito. E intanto si potrebbe avviare l’iter costituzionale per uno scudo così come la vuole l’alta Corte. Ma con tempi ben più lunghi e la difficoltà di compattare una maggioranza molto ampia.
Nel Palazzo sul colle del Quirinale, assediato da una folla di giornalisti italiani e stranieri e di curiosi, i quindici giudici costituzionali si chiudono alle nove in camera di consiglio, per proseguire l’esame dei tre ricorsi presentati, già iniziato il pomeriggio di martedì alla fine della lunga seduta pubblica.
Discutono fino ad ora di pranzo e alle tredici sospendono, per rivedersi tre ore dopo e arrivare al verdetto finale. I giochi ormai sono fatti e bastano altre due ore perché la Consulta comunichi la dichiarazione di illegittimità che il mondo politico (e non solo) attendeva con tanta ansia. Ora, per capire qualche dettaglio in più, bisognerà aspettare la motivazione della sentenza, tra circa 15-20 giorni.
Quello che viene bocciato è l’articolo 1 del Lodo, quello che stabilisce appunto la sospensione dei processi per il Presidente della Repubblica, il presidente del Consiglio e i presidenti delle due Camere.
Accertando che con lo scudo si introduce una eccezione al principio di uguaglianza tra cittadini e che per questa deroga ci vuole una revisione costituzionale, l’intero Lodo viene dichiarato illegittimo e dunque il collegio non ha necessità di esaminare le altre possibili violazioni costituzionali segnalate.
La necessità di una legge costituzionale per lo scudo non era stata sollevata esplicitamente prima della sentenza del 2004, che bocciò il Lodo Schifani. La Consulta non si era pronunciata su questo punto fondamentale, anche se per alcuni costituzionalisti era implicito il suo consenso alla legge ordinaria.
Questa volta, però, l’uguaglianza dei cittadini davanti alla legge è il tallone d’Achille che fa cadere la norma sospendi-processi.
È, infatti, l’obiezione più importante sollevata in due ricorsi dai giudici di Milano (la Procura non è stata ammessa come parte in causa) che vogliono processare Silvio Berlusconi per le accuse di corruzione nel caso Mills e per i diritti televisivi Mediaset. E la Consulta, questa obiezione, l’ha condivisa.
Il riferimento all’articolo 3 era contenuto anche nel terzo ricorso, che è stato invece dichiarato inammissibile, quello proposto dal gip del Tribunale di Roma. Orlando Villoni un anno fa aveva sospeso la sua decisione sul rinvio a giudizio del premier (la procura capitolina aveva richiesto l’archiviazione), indagato con l’accusa di istigazione alla corruzione nel confronti di alcuni senatori eletti all’estero. Ma ora il giudice dovrà procedere.
I quindici membri della Consulta hanno concluso il loro lavoro, mentre lo scenario politico avvampa di polemiche e dal centrodestra fioccano le accuse roventi.
Ma oggi il presidente Francesco Amirante, il relatore Franco Gallo e altri tre giudici costituzionali partiranno come previsto per un incontro internazionale a Lisbona, lontani dalle liti che la loro sentenza ha scatenato, con le sue ancora indefinite conseguenze politiche.
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