Ma la sinistra soffre l’autunno del «Patriarca»

Alberto Indelicato

Qualche giornale francese si è intenerito ed ha cercato di intenerire i suoi lettori chiamandolo «Patriarca». Non si riferiva evidentemente alla sua progenie, che non è affatto numerosa come quella di Abramo e di analoghi personaggi biblici. Anzi, risulta che la sua unica figlia lo ha rinnegato ed ha preferito andare a vivere lontano da lui e dalla sua dittatura. Il «Patriarca» in parola è Fidel Castro, che soffierà a giorni sulla sua ottantesima candelina. L’appellativo tuttavia non può riferirsi solo all’età. Nessun giornalista ne insignì António de Oliveira Salazar, che lasciò ottantunenne questa valle di lacrime, né Francisco Franco, che prima di togliere il disturbo di candeline giunse a spegnerne ottantatré.
Perché adesso di questo si tratta: il «Patriarca» caraibico teme che non raggiungerà il traguardo del suo collega iberico ed ha già provveduto alla successione. Seguendo anche in questo i migliori modelli comunisti, ha imitato il non rimpianto Kim el Sung ed ha scelto l’erede in famiglia. Non avendo discendenti maschi e poiché l’erede femmina lo ha piantato, ha dovuto ripiegare sul fratello minore, che di anni ne ha soltanto settantacinque. Come si sa, le dittature vogliono sempre far largo ai giovani...
Non che Fidel ardesse dal desiderio di cedere il potere; lo ha spiegato lui stesso con una dichiarazione che ha fatto leggere dal suo segretario alla televisione. Al ritiro, che si è affrettato forse per scaramanzia a definire provvisorio, è stato costretto dal superlavoro e, a riprova, ha ricordato le sue ultime fatiche propagandistiche, culminate con la partecipazione alla riunione del Mercosur a Còrdoba in Argentina. Non ha spiegato perché quella trasferta fosse stata per lui particolarmente dura, tanto più che non ha potuto pronunciarvi uno dei suoi chilometrici discorsi. Il fatto è, invece, che in Argentina il Líder Máximo si è preso due terribili arrabbiature, entrambe per colpa di una signora cubana, a cui egli da anni rifiuta il permesso di andare a trovare i suoi nipotini proprio in Argentina. La signora Hilda Molina è - o meglio era, perché le è proibita qualsiasi attività - una cardiochirurga dell’Avana, il cui figlio da tempo vive a Buenos Aires, dove si è sposato ed ha avuto due bambini. Sua madre e la vecchia nonna non possono andare a conoscerli perché il Patriarca non vuole. La signora Molina - ha decretato - è costata moltissimo alla collettività per poter diventare una specialista della cardiochirurgia e, dunque, la collettività non può permetterle di partire. Resta il fatto che, come dissidente, non può lavorare a Cuba: logica impeccabile delle dittature e di quelle comuniste in particolare.
La prima arrabbiatura gliel’ha data il presidente argentino Néstor Kirchner, che pur dicendosi suo amico ha osato chiedergli per l’ennesima volta - la questione è cominciata quattro anni fa - di concedere il permesso. È vero che per discrezione diplomatica Kirchner ha avanzato la richiesta con una lettera personale; ma il fatto si è risaputo ed ha rovinato la bella atmosfera su cui Castro contava per farsi come sempre un po’ di pubblicità. La seconda arrabbiatura gli è stata provocata da un giornalista che in conferenza stampa ha di nuovo sollevato il caso; e qui Fidel è scoppiato in insulti. Senza rispondere alla domanda dell’incauto, gli ha chiesto tra l'altro chi lo avesse pagato per fare delle domande insolenti di quel genere. Se queste sono le ragioni immediate del malore e dell’improvviso ritiro, beninteso provvisorio, del dittatore cubano, resta l’interrogativo su ciò che succederà quando il provvisorio diventerà definitivo, per non dire finale. Non parliamo delle conseguenze politiche, a cui penseranno altri, ma delle ripercussioni personali.

È vero che circa seicentomila cubani a Miami e dintorni stapperanno delle bottiglie di champagne, ma è anche vero che altrove sarà un giorno di lutto profondo, per esempio nelle file dei nostri due partiti comunisti e tra altri comunisti in altre file alloggiati, per non parlare di giornalisti di stampo diverso da quelli che fanno domande indiscrete senza nessuna considerazione per l’età e lo stato di salute dei moderni patriarchi. È a loro, ai futuri orfani di Fidel che pensiamo con profonda comprensione. Coraggio, futuri nostalgici, non vi mancherà quanto prima qualche altro dittatore da osannare.

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