Che fine hanno fatto i socialisti? Oggi, quando il capitalismo ha una crisi di quelle che sconvolgono profondamente le società e angosciano i popoli, si sentono solo le voci della Merkel, di Sarkozy, di Berlusconi e di... Bush. Sono i capi di destra a parlare di come regolare il capitalismo, del ruolo essenziale dello Stato. Sarkozy martella che l’onnipotenza del mercato è finita. In Spagna e in Inghilterra, dove governano i socialdemocratici Zapatero e Brown, i loro partiti sono impopolari.
Chi ricorda la fine degli anni Novanta, quando undici Paesi su quindici dell’Unione Europea avevano guida a sinistra, coi socialdemocratici Blair, Parson, Schroeder, Jospin, D’Alema che a Firenze si riunivano attorno a Bill Clinton? Come spiegarne il calo? Crisi di successione dei circoli dominanti socialisti o fenomeno più grave, che rimette in causa la stessa esistenza della socialdemocrazia? O necessario periodo d’adattamento alle nuove realtà, che dagli anni Novanta hanno variato il paesaggio mondiale?
Infatti il mondo è cambiato in vent’anni. Globalizzazione, densa rete di comunicazioni istantanee, dunque cambiamento culturale. Evento significativo: a fine settembre, quando in Francia il candidato alle elezioni presidenziali del 2007 rientra in politica, il suo show è un’esibizione senza riferimenti al Partito socialista o alla socialdemocrazia. Si scandisce «fraternità». I complessi musicali si succedono e la Royal «va in scena», come un telepredicatore evangelico. Il suo spettacolo era del resto organizzato da manager di star. Tale tentativo di raggiungere il pubblico è una vera rottura politica, che provoca subito anche critiche di altri capi socialisti: per vincere, occorre rinunciare alla tradizione socialdemocratica, fondata sull’analisi razionale della realtà? L’adattamento è una regressione? Un abbandono? In realtà la questione coglie l’essenziale. Quale discorso, quale analisi per i socialdemocratici? Sono stati apologeti dell'Europa, ma ora ovunque sono i temi nazionali che tornano. Sono stati per la globalizzazione, ma essa è in crisi. E i loro capi - due sono francesi, Dominique Strauss-Kahn e Pascal Lamy - dirigono il Fondo monetario internazionale e l’Organizzazione mondiale del commercio! Nello stesso tempo, per conservare l’elettorato, certi partiti socialdemocratici restano intrisi di residui marxisti, denunciando le loro contraddizioni. A ciò s’aggiungano le rivalità personali e i problemi connessi alla comparsa di un nuovo gruppo dirigente. I sessantenni bloccano l’ascesa dei quarantenni. Ma c’è di peggio: la comparsa di un’estrema sinistra dal discorso estremista, che la presente crisi finanziaria rafforzerà meccanicamente.
Lo si vede in Germania, con Die Linke di Oskar Lafontaine, e in Francia con il Nuovo Partito Anticapitalista di Besancenot. Da allora in certi capi - Ségolène Royal - è forte la tentazione di un discorso che combini «estremismo» e show. Come se l’Europa fosse ormai area di peronismo o chavezismo.
Nel nuovo bagno culturale, gli elettori non sono più prigionieri dei grandi sistemi ideologici. Ségolène Royal non parla più di Programma socialista, ma di Desiderio d’avvenire. L’impegno nella lotta di classe è sostituito dall’affettività, dall’emotività.
Max Gallo
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