Aperti per ferie. Chiusi per lavoro. Tutti sempre di corsa. Troppe urgenze. E poi ci si ritrova otturati da una montagna di «avrei dovuto, avrei potuto, avrei voluto»... «Che peccato!», si dice infatti. Il filosofo Arthur Schopenhaeur osservava che queste «sono le parole più dolorose del linguaggio». Il condizionale condiziona, soprattutto nella perdita di persone, cose, occasioni, sentimenti. Avrei... quindi non ho ancora, ma anche non ho più. Sono pure i verbi più usati quando ci si mette a pensare alle proprie mancanze. Nome appropriato. Non si tratta di qualcosa di fatto a qualcuno, ma di un non fatto a se stessi. In Chiesa la liturgia insegna infatti a chiedere perdono «perché ho molto peccato in pensieri, parole, opere e... omissioni».
La causa delle mancanze per omissione è al 99 per cento la frenesia in tutto e per tutto, tanto da sentire: «Scusi è aperto oggi? Potrebbe confessarmi? Però per favore faccia alla svelta e non la tenga lunga perché, oltre al caldo, ho un'urgenza e sono di fretta, magari insiste di più la prossima volta nel dirmi le sue cose». Il problema qui non è se il confessionale è aperto, ma se tu sei chiuso perché ingolfato. Se è vero che il troppo stroppia, allora che bello poter essere «aperti per ferie», soprattutto a se stessi.
È il messaggio del «ferragosto». L'espressione viene dal latino «Feriae Augustii», le vacanze di Augusto. Ottaviano Augusto, primo imperatore di Roma, nel 18 a.C. dichiarò che tutto il mese di agosto sarebbe stato festivo. Al centro del mese c'era la festa di Diana, dea della fertilità. Era l'unico giorno in cui i romani di ogni classe e censo, padroni e schiavi, potevano incontrarsi liberamente tra di loro. Non solo, ma «fare ferragosto» implicava un dono: i padroni o i superiori offrivano ai dipendenti denaro o cibo perché potessero fare festa con la famiglia alle Feriae Augustii. La fertilità non era solo della natura, ma anche dei rapporti, creando spazi e tempi per coltivare i legami in orizzontale nella famiglia e in verticale nella società. Aperti per ferie, appunto.
I primi cristiani ritradussero i contenuti di questa festa pagana collocando qui il ricordo del mistero della Assunzione di Maria in cielo, ribaltando però il senso. Diana è una dea scesa dal cielo per donare fertilità. Maria è una donna che sale in cielo. «Assunta» nel senso di accolta, perché mi sono sentito persino apostrofare criticamente che era assurdo pensare che Dio riconfermasse ogni anno Maria come Madonna con un contratto a tempo determinato. W la fantasia! Vista la situazione però bisognerebbe festeggiare comunque! Nella storia delle religioni qualunque divinità si abbassa dal cielo per dare aiuto nel bisogno. Il Dio di Gesù Cristo invece fa il contrario: innalza l'umanità per far salire il livello di qualità. La dea Diana rende fertile la terra, la donna Maria canta «grandi cose ha fatto in me l'Onnipotente». Grandi cose sono possibili in me, per me, con me, grazie a me: dovremmo pensarlo anche noi!
Quando ero chierichetto le sciure del mio paese a pieni polmoni e voce impetuosa intonavano «ave maris stella», un inno latino pasticciato, infatti dalla quarta parola in poi forse non ne azzeccavano una. Ma le prime tre sono essenziali per il bisogno di ciascuno, credente o laico, di essere aperto per ferie. La «stella del mare» è la stella polare, fissa, sicura, stabile. È un gancio in mezzo al cielo di cui tutti abbiamo bisogno per appendervi i nostri sogni e i nostri bisogni o per attaccarci nella necessità di tirarci su. La «stella del mare» poi indica il nord, cioè ci suggerisce: «vai oltre!», trova un senso. È la prima ad accendersi al tramonto e l'ultima a spegnersi dopo l'alba per garantire un'uscita di sicurezza, sempre e comunque, dimostrando che il buio non può avere l'ultima parola.
La «stella del mare», infine, c'è sempre anche se di giorno non si vede o non si guarda perché presi a sfidare le onde contrarie, preoccupati di stare a galla, ansiosi di non affogare, stressati nel non farsi affondare. Questo ci fa aprire gli occhi sulla nostra realtà e sulle nostre relazioni, perché tanti sono vicini, ma accanto è un posto per pochi. Quindi buon ferragosto a tutti quelli che decidono di rimanere «aperti per ferie»!- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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