"Impariamo a “governare” le macchine: vi spiego come gestire l'Intelligenza artificiale"

Dopo il vertice di Bletchley, a cui l'Italia ha partecipato con la presenza del Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, un punto sull'intelligenza artificiale grazie all'esperto Valerio D'Angelo che nella nostra intervista esclusiva, ha chiarito tutti i dubbi su questa nuova applicazione

"Impariamo a “governare” le macchine: vi spiego come gestire l'Intelligenza artificiale"

L'Intelligenza Artificiale, quella che Re Carlo d’Inghilterra ha definito: "uno dei più grandi balzi dell’umanità" ed Elon Musk "una delle più grandi minacce", è stata al centro di un summit nella residenza di Bletchley Park in Inghilterra, dove nel 1940 Alan Turing decifrò il codice Enigma dei nazisti. Una nuova tecnologia di cui non si conoscono ancora bene le derive o le opportunità e che per questo motivo, come per ogni altra rivoluzione, suscita grande timore.

Per questo il vertice a cui hanno partecipato 28 Paesi, compresa l'Italia con la presenza del Presidente del consiglio Giorgia Meloni, si è concentrato soprattutto sullo sviluppo sicuro di questa nuova tecnologia, che però rappresenta una grande risorsa per il nostro futuro. Ma cos'è l'Intelligenza Artificiale, come si muove e quali campi di applicazione arriva a toccare? È così pericolosa o rappresenta un'opportunità unica per l'umanità. Lo abbiamo chiesto a Valerio D'Angelo, Ceo di Fiven Spa. Azienda che si occupa di trasformazione digitale con grande focus sull'Ai.

L'Ai segue un po’ le sorti del nucleare, non conoscendo bene la materia se ne ha un po’ timore. Dott. D'Angelo, può spiegare concretamente di cosa si tratta?

“Innanzitutto non va vista come una minaccia, ma come una grande opportunità, una sorta di superpoteri che l’uomo può usare su tecnologie che già utilizza. Praticamente ci stiamo spaventando per un mondo che è già digitale. L’intelligenza artificiale attraverso le reti neurali, algoritmi ancora più spinti e machine learning può invece portare l’uomo a fare lavori di più alto profilo”.

Cosa si intende per machine learning e reti neurali?

“Le machine learning , sono macchine che auto-apprendono rispetto a conoscenza ed esperienza. Per fare un esempio se scrivo una domanda in una ChatBot (un software che simula ed elabora le conversazioni umane -scritte o parlate- consentendo agli utenti di interagire con i dispositivi digitali come se stessero comunicando con una persona reale, ndr) questa sulla base di un'esperienza precedente, magari un’altra persona che ha fatto la stessa domanda, anche se quell'informazione specifica non la ha, è così intelligente da assimilare quella precedente che secondo lei è la più corretta e dà una risposta.

Se l’operatore conferma che la risposta è corretta, dalla volta successiva, quella macchina avrà un pezzo di conoscenza in più. Un po' come il nostro cervello, che sulla base esperienziale impara e teoricamente, non ripete più gli stessi errori. La differenza sta nel fatto che mentre il cervello umano può per varie ragioni sbagliare, la macchina no. Le reti neurali sono invece un sottoinsieme delle machine learning e rappresentano l'elemento centrale degli algoritmi di deep learning (apprendimento automatico). Il loro nome e la loro struttura sono ispirati al cervello umano, imitando il modo in cui i neuroni biologici si scambiano segnali".

Non è proprio questa capacità di imparare a generare timori?

“Lo vedo al contrario come un’opportunità. Il vero tema è che non ci sarà una diminuzione del valore o del lavoro umano, ma solo una valorizzazione. Chiaramente siamo di fronte ad una trasformazione, ci vorranno operazioni di welfare per le persone che devo apprendere come lavorare in questo nuovo modo. Non tanto i giovanissimi che nascono con questo tipo di conoscenza, né per i più grandi che non hanno goduto di questi benefici, ma la fascia di mezzo, che dovrà colmare questo gap di conoscenza per velocizzare questo processo, che anche se inesorabile, almeno in Europa, non è così rapido”.

In termini pratici come cambierà il futuro? Ci sono molte preoccupazioni per i posti di lavoro che si perderanno

"Le persone non faranno più alcuni tipi di lavori, ma dovranno “governare” le macchine e trarne i maggiori benefici. In questo modo i soldi risparmiati dall’azienda verranno rinvestiti. -perché le aziende nascono per crescere e quindi dare lavoro, non per toglierlo- quindi magari non avrò più operatori di call center ma nuovi operatori commerciali per espandere il business. La macchina non sostituirà l'uomo, ma cambierà il modo di lavorare, che è una cosa molto diversa. Le persone però devono prepararsi a fare questi lavori diversi e lasciare che la macchina ci dia questi super poteri e questa efficienza che renderanno le aziende e il nostro tessuto industriale più potente, forte e competitivo. Gli altri Paesi stanno andando avanti velocemente e se non agiamo saremo solo noi a trovarci indietro. Pensare di fermare l'intelligenza artificiale significherebbe, tra qualche anno, essere totalmente fuori mercato”.

"Sia l’Italia ma anche l’Europa sono molto indietro. Se guardiamo gli investimenti che stanno facendo gli Stati Uniti e la Cina rispetto a quelli europei, sono 10 volte maggiori. Questo significa che se non ci diamo da fare, subiremo un doppio scotto, da un lato quello di non essere autonomi sull’utilizzo di queste tecnologie, dall’altro perderemo tutto quel valore aggiunto, il PIL che queste tecnologie genereranno, perché come detto ci saranno meno operatori di call center, ma molti più informatici con stipendi elevati. Allo stesso modo i data analyst, figure ricercatissime perché proprio grazie all’intelligenza artificiale si avranno a disposizione milioni di dati preziosi che fino ad ora le aziende non avevano, per cui chi le analizzerà sarà una figura lavorativa di altissimo valore e ben retribuita. Per essere chiari, il tema è solo quello di spostare la ricchezza, non di azzerare il lavoro umano”.

Quanto tempo abbiamo per poterci aggiornare?

“Anche qui ci stiamo spaventando più del dovuto, perché bisognerà capire le tendenze e quanto sarà incentivato l'utilizzo di queste tecnologie. Credo che come per tutte le rivoluzioni industriali ci sarà bisogno di una decina di anni prima di vederne appieno gli effetti e quella che stiamo vivendo non è altro che una rivoluzione industriale”.

A livello politico e geopolitico quanto è importante per un Paese essere in prima linea con l’intelligenza artificiale?

“È fondamentale esattamente come l'energia o le telecomunicazioni, asset strategici per il Paese, sui quali dopo anni ci siamo resi conto che ci sono sfuggiti di mano e per correre ai ripari si è messa in atto la Golden Power (uno strumento governativo, che consente a uno Stato di intervenire direttamente o indirettamente nel controllo delle imprese di rilevanza strategica per salvaguardare gli interessi nazionali e garantire la sicurezza). Se non si crea un’interesse ora e non si parte con un piano di sviluppo per avere queste competenze e tecnologie, finiremo a rincorrere quelle di altri e soprattutto non svilupperemo qualcosa che ci renda autonomi. Per questo a livello geopolitico è come la rincorsa all'energia o alle armi, deve far parte del nostro modus vivendi e della strategia industriale del Paese”.

Nei conflitti attuali l’utilizzo dell’intelligenza artificiale che peso ha?

“Molto e soprattutto per quanto riguarda la difesa si sta già utilizzando. Secondo dati che arrivano dall’intelligence c'è già la possibilità di sapere le cose prima che accadano. Senza menzionare il nome dell’azienda, esistono attualmente strumenti che riescono a sfruttare i milioni di dati provenienti sia dal dark web ma anche dal web, e sapere ad esempio in quali Paesi si sta generando un focolaio di guerra”.

Si è concluso a Bletchley Park, nel Regno Unito, un vertice sulla sicurezza dell’intelligenza artificiale a cui ha partecipato il Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, i delegati di 28 Paesi e anche Elon Musk che tempo fa aveva messo in guardia sul pericolo che questa può avere. Si è parlato solo di protezione o anche sull’implemento di questa tecnologia?

“Entrambe le cose. Da un lato c'è la forte preoccupazione che l'intelligenza artificiale possa spostare o eliminare alcuni lavori ed è questa la grande attenzione al tema sociale, che non va banalizzata, ma piuttosto che pensare a come fermarla che è una cosa impossibile, io penserei a come stanziare investimenti corretti e far sì che queste tecnologie vengano usate in maniera etica. Sarebbe molto importante perché il mondo autogenerativo (dove non c’è controllo umano e la macchina prende dati ed info dove vuole, ndr) è un po' pericoloso, ma il generativo (dove i dati sono certi e presi dalle aziende o da altre fonti istituzionali, ndr) è una cosa molto ben strutturata e sicura.

Mi preoccuperei inoltre di investire sullo skilling (imparare nuove competenze) di alcune persone, quelle di fasce media dai 30 ai 50 anni di cui parlavamo prima, che sono a rischio. Inoltre mi occuperei di adottare queste nuove tecnologie incentivando le aziende che le sviluppano e quelle che le utilizzano. Queste cose messe insieme ci permetterebbero di essere competitivi. È vero che Elon Musk, presente al vertice, in passato si è detto preoccupato, ma in America hanno investito 180 miliardi di dollari e quindi, di fatto, non mi sembra che si vogliono fermare su questo tipo di tecnologia. Questo è un altro motivo per cui va cavalcata e non temuta”.

Parlava della fascia d'età da attenzionare, che tipo di attenzione bisogna dare e quale potrebbe essere il pericolo di cui parlava?

“Ci si deve preoccupare affinché il loro tipo di competenza, venga messa a catena di valore di questa nuova rivoluzione industriale. Potrebbe essere un semplice reskilling, ovvero la capacità di un dipendente di acquisire nuove conoscenze e competenze per svolgere una nuova mansione lavorativa, diversa rispetto a quella che svolgeva attualmente. In parole povere come se l’operatore di call center diventa un analista dei dati generali dei ChatBot, quindi non perde il lavoro, ma semplicemente cambia mestiere. Per farlo però deve essere formato o a carico dell’azienda o da parte delle istituzioni su queste nuove competenze. Di certo però la strada corretta non è quella di fermare l'intelligenza artificiale piuttosto utilizzarla”.

È di qualche giorno fa la notizia di alcune truffe generate con l’intelligenza artificiale che si è sostituita a personaggi del mondo dello spettacolo. In passato sono state create opere o composizioni musicali contraffatte, c’è un modo per limitare questi danni o dobbiamo abituarci a queste problematiche collaterali?

“Non dobbiamo abituarci alle violazioni etiche di arte musica e immagini. Penso che proprio l'utilizzo dell'intelligenza artificiale con gli strumenti di cui parlavo prima, possono aumentare il controllo di queste violazioni che vanno punite in maniera esemplare. Però anche qui viene visto come una cosa mostruosa ma la pirateria esiste già da anni, non è una cosa a cui approcciamo solo ora. Perché allora non utilizzare gli stessi strumenti dei truffatori per controllarli e punirli?”.

Quali saranno secondo lei le professioni del futuro su cui investire?

“Se io fossi in una posizione politica è una domanda che mi farei tutti i giorni, perché è proprio lì che crei valore per il Paese. Oggi già si conoscono le figure che cercano le aziende e che non trovano. Per questo bisogna lavorare sul mismatch (il disequilibrio) informativo e dare incentivi per studiare le cose che servono, come ad esempio tutto il mondo dell'informatica, lo sviluppo, l'ingegneria informatica dove si trova lavoro in quantità. Nei prossimi 30 anni qualsiasi persona si diplomi o meglio ancora si laurei in queste discipline è certo che verrà impiegata.

Si stima che nel prossimo futuro mancheranno all'appello di chiamate d’azienda circa 400 mila persone all'anno. C'è un disequilibrio tra domanda e offerta generata da una cattiva informazione e da un orientamento non corretto verso certi tipi di studi. Solo risolvendolo possiamo tornare ad essere un Paese competitivo”.

Valerio D'Angelo
Dott. Valerio D'Angelo, Ceo di Fiven Spa.

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