LA SOLUZIONE È NELLE URNE

Tu chiamale, se vuoi, elezioni. Da Lucio Battisti a Clemente Mastella: comunque è musica per le nostre orecchie. La maggioranza ha fatto puff, sparita, svanita, implosa: la bicicletta di Romano Prodi è arrivata alla fine della corsa. E i tentativi del premier di barricarsi a Palazzo Chigi appaiono oggi un’offesa non solo alla democrazia, ma anche al comune buon senso. Tutto è possibile, naturalmente nella complicata vita politica italiana, ma a questo punto riportare in vita il governo dell’Unione sembra più difficile che riportare in vita la mummia di Tutankhamon. E, probabilmente, si porterebbe dietro lo stesso carico di maledizioni.
All’interno del Giornale troverete tutti i servizi per capire quello che è successo e quello che succederà. Qui ci limitiamo a fissare tre punti essenziali.
1) L’unica strada percorribile è quella che porta alle urne. La crisi della maggioranza scoppia in un giorno particolare, con le Borse che crollano e la depressione americana che minaccia di abbattersi su di noi. Non possiamo affrontare una simile tempesta navigando su un guscio di noce. Abbiamo bisogno di un vascello sicuro, che solo le elezioni possono dare.
2) L’esperienza del centrosinistra è fallita. È già la seconda volta che accade: come nel ’98, di nuovo oggi, si è dimostrato che non si può governare il Paese con un’alleanza che va dai comunisti ai moderati di centro, passando per cattolici e pannelliani mangiapreti. Che serve ancora per capire che quello è un vicolo cieco per il nostro Paese?
3) Qualsiasi cosa succeda ora, di sicuro c’è un’eredità pesantissima. Guardatevi attorno: fra lo Stato e il Vaticano è in corso uno scontro senza precedenti e i rifiuti sommergono le strade dell’Italia ormai da settimane, con conseguenze irreparabili sull’immagine dell’Italia all’estero. L’economia è in difficoltà, le spese come ha ricordato il Governatore Draghi non sono state tagliate, sulle pensioni si è fatto addirittura un passo indietro, le infrastrutture, a cominciare dalla Tav, sono bloccate.
Il responsabile di questo sfascio sta a Palazzo Chigi. Non a caso mai un esecutivo aveva avuto una popolarità così bassa. Tutti i sondaggi, tutti gli istituti di ricerca, nazionali e internazionali, lo rilevano.

Perciò nel buio di queste ore non possiamo fare a meno di guardare con speranza verso la crisi e verso le urne. «Mastella cadente, Prodi forse» titolavamo qualche giorno fa. Ecco: pare giunto il momento di togliere quel forse. Con soddisfazione. Il governo più disastroso della Repubblica si è fermato a Ceppaloni.

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