Tre anni fa. A Roma c’era Berlusconi, a Tripoli Gheddafi. Dopo estenuanti trattative i due leader avevano raggiunto un accordo: respingimento per i clandestini che tentavano di raggiungere le nostre coste. Un’operazione dura e cruda, ma anche un modo per mettere un argine all’avanzata incontrollabile dei disperati che dall’Africa cercavano il grande salto verso l’Occidente. Una vicenda che, se misurata col metro del diritto, presentava molti aspetti quantomeno discutibili. E oggi, puntuale, arriva la condanna della Corte europea dei diritti dell’uomo. La sentenza di Strasburgo, all’unanimità, punisce l’Italia per il primo respingendo, del 6 maggio 2009. Due motovedette italiane intercettarono un barcone alla deriva a 35 miglia a sud di Lampedusa, in acque internazionali. A bordo erano in duecento: giovani, vecchi, donne, bambini. Furono riportati in Libia e lì finirono nelle fauci del regime di cui nessuno, ma proprio nessuno, immaginava la fine imminente. La polizia li caricò sui camion, come bestiame, e li deportò in varie regioni del Paese. Umiliazioni. Privazioni. Botte. Oggi la Corte (nulla a che fare con la Ue) dice che l’Italia «riportando i migranti in Libia senza esaminare i loro casi li ha esposti al rischio di maltrattamenti» con un trattamento che si è risolto in «un’espulsione collettiva».
La Corte naturalmente fa il suo mestiere e valuta la violazione dei diritti umani. Peccato che si decida in punta di diritto un problema che riguarda l’Europa intera, scaricandolo sulle spalle di Roma. Ad ogni ondata migratoria parte la gara a spostarsi e a lasciare il cerino nelle mani del nostro governo. Malta, che pure si trova da quelle parti, scansa, anzi dribbla tutti i barconi e il massimo che fa è avvisare le nostre navi. Malta non si fa scrupoli e non interviene nemmeno quando le carcasse del mare sono sul punto di rovesciarsi e le vite di quei poveracci sono un azzardo senza futuro. E Parigi? E Madrid?
Parigi, quando la Tunisia scossa dalla crisi del regime di Ben Alì era diventata un trampolino verso l’Europa, ha scelto una soluzione spiccia che assomiglia ad una scorciatoia furbastra: molti fuggitivi venivano agguantati dai poliziotti in Costa Azzurra e scoprivano nelle tasche bucate scontrini dei bar di Ventimiglia e Sanremo. Dunque, in base alle solite leggi dello scaricabarile europeo, venivano rispediti in Italia e l’Italia si ritrovava con il solito cerino acceso fra le dita. Per non parlare del defunto leader della destra carinziana e austriaca Jorg Haider. In un’intervista al Giornale spiegò e risolse così il problema dei clandestini: «Quando li acciuffiamo in Carinzia, li mettiamo sui treni e li rimandiamo in Italia perchè è sicuramente da lì che sono arrivati in Europa». L’Europa ha pure un’agenzia che dovrebbe sbrogliare la matassa, Frontex, ma alla fine la palla finisce sempre sullo stivale.
L’Italia oggi viene condannata. Gli spagnoli, i socialisti di Zapatero, sparavano sui migranti che tentavano di entrare in un modo o nell’altro nelle enclave del Marocco spagnolo. O, più sottilmente, lasciavano fare la polizia locale. Si potrebbe proseguire a lungo e parlare anche della Grecia, ma il concetto è chiaro: l’Europa dovrebbe battere un colpo. Per ora il nostro Governo dovrà dare un indennizzo di 15 mila euro a testa a 22 dei 24 profughi africani - 11 somali e 13 eritrei -che avevano fatto ricorso e si erano affidati a due avvocati di grande esperienza: Anton Giulio Lana e Andrea Saccucci. I 24, come tutti gli altri, non furono nemmeno identificati e non furono ascoltate le loro ragioni: fu un’operazione a scatola chiusa, come sono i respingimenti, e questo non andava bene. Particolarmente per i somali che provenivano da un Paese disintegrato e avrebbero potuto chiedere protezione a Roma. «Questa sentenza - spiega il premier Mario Monti - sarà esaminata con la massima attenzione dal governo», anche se il capo dell’esecutivo sottolinea che «si riferisce a casi del passato».
Ma anche il futuro è incerto e il ministro della cooperazione Andrea Riccardi si spinge in là: il verdetto «ci farà ripensare la nostra politica nei confronti dell’immigrazione». D’altra parte Gheddafi non c’è più e la primavera araba ha cambiato la faccia della sponda meridionale del mar Mediterraneo. Secco, infine, Umberto Bossi: «Quando arriverà l’Europa delle regioni la musica cambierà».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.