Lo sballo da alcol accorcia la vita, soprattutto nei giovani. Lo rivela uno studio condotto dall'ospedale Pediatrico Bambino Gesù e pubblicato sulla rivista scientifica Alcohol and Alcoholism, che ha preso in esame l'associazione e l'amplificazione dei danni al fegato generati da alcool e obesità insieme. Due concause che non si sommano, ma si moltiplicano esponenzialmente.
Purtroppo dalla ricerca emerge che la sbornia del sabato sera è un fenomeno in crescita esponenziale, soprattutto negli adolescenti, che nei periodi di vacanza hanno maggiori occasioni di socializzazione e sfuggono più facilmente al controllo dei genitori.
E l'ubriacatura di ultima generazione ha anche un nome: si chiama binge drinking e consiste nel bere una grande quantità di alcol molto velocemente per sbronzarsi il prima possibile. Un eccesso già di per sé dannoso che, se ripetuto costantemente nel tempo - soprattutto in presenza di problemi come l'obesità o di altri aspetti caratteristici della sindrome metabolica che vedono al centro della problematica il fegato grasso -, diventa una vera e propria bomba ad orologeria in grado di accorciare sensibilmente le aspettative di vita.
Secondo le ultime statistiche (ISS), in Italia a darsi alla bottiglia sin dalla tenera età è il 42 per cento dei ragazzi e il 21 per cento delle ragazze minorenni. Ma purtroppo l'alcool seduce anche i bambini: 18 su 100, decisamente al di sotto dei 16 anni, hanno adottato almeno un comportamento a rischio alcool-correlato.
E se i numeri sull'abuso di alcolici tra giovanissimi spaventano, non meno impressionanti quelli legati all'obesità e al sovrappeso, problemi che interessano un bimbo su 3. E quando obesità e alcool si incontrano ne esce un mix pericoloso quanto quello creato dal suo opposto: il digiuno prolungato per incrementare l'effetto «sballo» da consumo di alcool, fenomeno (detto drunkoressia) particolarmente diffuso tra le ragazzine.
«Quello che stiamo osservando nei nostri ragazzi è il costante aumento della presenza di problemi al fegato cronici e progressivi come infiammazione, steatosi, fibrosi che compromettono la struttura dell'organo stesso fino alla perdita totale della sua funzione - sottolinea Valerio Nobili, responsabile Epatopatie metaboliche e autoimmuni dell'ospedale pediatrico Bambino Gesù -. Nel nostro Paese si stima circa un milione di bambini con fegato grasso, ai quali vanno aggiunti quelli con sindrome metabolica e quindi a rischio di infarcire il fegato di grasso, nonché i ragazzi-bevitori, esposti allo stesso identico rischio». «La risultante di questo processo - aggiunge Nobili - sarà un impennarsi della spesa sanitaria per le cure richieste da questa patologia e un numero sempre più grande di adolescenti col fegato compromesso che saranno adulti malati e quindi ancor più bisognosi di cure mediche. È obbligo istituzionale e dovere morale di noi pediatri intervenire per arginare la pandemia 'alcool e fegato grasso'».
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