Sotto il Policlinico scoperta una necropoli con 500mila corpi

Nel sepolcreto dell'Ospedale maggiore ci sono i cadaveri dei milanesi morti (un terzo di vecchiaia fra il 1473 e il 1695. Fra loro anche le vittime della peste narrata nei Promessi sposi. I risultati delle ricerche necroscopiche saranno resi noti in giugno

Quattro metri sotto la Milano di tutti i giorni ce n'è una nascosta, antichissima: è il sepolcreto del Policlinico Ospedale Maggiore, dove si trovano più di 500mila corpi dei milanesi che sono vissuti tra il 1473 e il 1695, comprese le vittime della peste raccontate nei Promessi Sposi. Una scoperta dal valore inestimabile: la cripta è stata aperta solo da poche settimane, ed è stata presentata oggi come l'unico esempio italiano di una necropoli cittadina.
La storia del Policlinico inizia nel 1456, ben 555 anni fa, ed è stata meticolosamente registrata dai suoi medici fin dall'inizio. Quasi da subito, infatti, è stata tenuta traccia dei nomi, dell'età, delle cause di morte e di malattia, e della provenienza di ogni paziente: una miniera di dati importantissimi, che costituisce uno dei primi registri sanitari della storia e che da poche settimane è sotto la lente d'ingrandimento degli esperti, per ricostruire le condizioni di vita della Milano medievale e rinascimentale.
Questi registri, i Mortorium libri, «sono il primo e più completo esempio di registro di mortalità in tutta Europa - spiega Francesca Vaglienti, docente di storia medievale all'Università degli Studi di Milano - e hanno fatto da modello agli inglesi per creare le basi della moderna scienza demografica». Dai registri si scoprono dettagli straordinari: ad esempio, che tra il 1474 e il 1483 a Milano c'era un medico ogni circa 1.500 cittadini; o che nell'ottobre 1629 in città arrivava la peste, e che il primo a essere contagiato (Pietro Antonio Lovato, o Pietro Paolo Locati: l'identità non è ancora certa) fu un soldato ricoverato proprio al Policlinico e poi sepolto nella necropoli, che si trova alcuni metri sotto la Chiesa dell'Annunciata dell'Ospedale Maggiore.
«Quello che ora faremo - spiega Cristina Cattaneo, direttore del Laboratorio di antropologia forense di Milano (Labanof), l'esperta che di recente si è occupata del caso di Yara - sarà studiare i resti per capire di che malattie queste persone soffrivano, o quali carenze nutrizionali avevano. Le indagini riguarderanno ad esempio i traumi che hanno subito, ma faremo anche indagini genetiche e tossicologiche, per capire che sostanze e farmaci hanno assunto in vita». Le ossa sono estremamente fragili: anche per questo «stiamo fotografando tutto per immortalare ogni posizione, e stiamo usando anche un laser scanner 3D per ricostruire la scena virtuale, come si usa nei sopralluoghi o nell'archeologia moderna».


I primi risultati scientifici saranno presentati il 22 giugno, ma già qualcosa di interessante si è scoperto: in quasi un caso su tre, i decessi registrati al Policlinico fino al 1695 pare siano stati per vecchiaia. Nonostante la peste e le altre malattie, insomma, forse già allora non si stava poi così male.

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