La Sicilia domestica di Vaccaro

Lo chef con un passato da attore porta nel suo Bettola Siciliana, in Porta Romana a Milano, una cucina regionale della memoria, senza cartoline illustrate. Notevoli l’assortimento di salumi dei Nebrodi e di formaggi, l’”Ovu”, le Busiate con pesto mediterraneo e il Coniglio della domenica. Un locale pulito e luminoso, nel quale farsi avvolgere da una atmosfera affettuosa e familiare

La Sicilia domestica di Vaccaro

A Milano, città vetrina delle cucine di tutta Italia e di tutto il mondo, la Sicilia è in fondo sottorappresentata.

Sì, ci sono diversi locali che giocano con la tavolozza di una delle regioni più ricche di ingredienti, di influenze e di tradizioni, ma alla fine la gran parte di essi preferiscono la strada più facile dell’oleografia e in qual caso della “cinematografia” (penso al Filippo La Mantia di qualche anno fa) e alla fine il solo Pino Cuttaia, con il suo Uovo di Seppia, fa un lavoro rigoroso e originale.

Bettola Siciliana, Vittorio Vaccaro
Bettola Siciliana, Vittorio Vaccaro


Per questo salito con piacere lo sbarco a Milano di Bettola Siciliana, il locale di Vittorio Vaccaro, siciliano di Calascibetta, nel cuore della provincia di Enna (l’unica dell’isola senza sbocco al mare, quindi profonda per definizione). Vaccaro è un siciliano con uso di mondo, ha lasciato la Sicilia presto per intraprendere la carriera di attore, poi si è avvicinato alla cucina come volto di alcune televisioni specializzate come “Food Network”, per cui ha condotto trasmissioni come “A casa cucina papà”c e “Green table”, che lo hanno portato a girare l’Italia in cerca di sapori e tradizioni e a trasformarsi in un divulgatore gastronomico.

Bettola Siciliana, la polpetta
Bettola Siciliana, la polpetta


Poi la scelta di aprire un ristorante nella sua città di adozione, Milano, e di fare un lavoro autentico sulla memoria della cucina domestica. La Sicilia di Vaccaro, classe 1980, mi è apparsa come un’isola assolata e affettuosa, familiare e rituale, del tutto personale e per questo molto più autentica di certi repertori ripetitivi e un po’ turistici. Bettola Siciliana ha aperto lo scorso dicembre al numero 11 di via Lodovico Muratori, in zona Porta Romana, (tel. 0245491088, info@bettolasiciliana.it). Il locale è confortevole e accogliente, riesce a evitare sia certe stilizzazioni gourmet sia lo scivolamento verso il design vernacolare: muri di mattoni a vista dipinti di bianco, tavoli semplici, si gioca molto sulla luce: un foglio bianco da riempire di racconti. La cucina non ha pretese enciclopediche, come dicevo.

Bettola Siciliana, Vaccaro al taglio del polpettone
Bettola Siciliana, Vaccaro al taglio del polpettone


Cinque antipasti, cinque primi, cinque secondi, cinque dolci. Non troppo, non troppo poco. Io sono partito da un piccolo assortimento di salumi e formaggi, pescando dai taglieri che costituiscono il clou della sezione introduttiva (“arricriamuni assemi”, che induce alla condivisione): una focaccia di patate con il lardo del maialino nero dei Nebrodi, un tris di formaggi (piacentino ennese, provola delle Madonie affumicata, il maiorchino e lo storico caciocavallo ragusano), il prosciutto crudo di suino nero delle Nebrodi “Riserva Ghiande”. Poi due antipasti: l’Ovu di Vaccaro è un piatto icona dello chef, cotto in pellicola e servito su una crema di patate e porri, con una spolverata di piacentino ennese e di pistacchio tostato e accompagnato dai “soldatini” di pane tostato profumati all’aglio di nonno Vittorio. E’ forse il piatto che più sta in bilico tra tradizione regionale e tradizione personale, ma è anche la cosa più interessante della serata. Le successive “purpetti d’ovu”, le polpette di uovo e pane raffermo tostato cotte in una salsa di pomodoro casereccia all’interno di cocotte in ghisa, sono puro conforto alimentare.

Poi i secondi: assaggio la Pasta china cu pisci spada, ravioloni di pasta fresca ripiena di pesce spada cotto al vapore, mentuccia, pinoli, timo, scorzetta di limone e con guarnizione di crema di pane e le Busiate fresche cu pesto mediterraneo, una pasta tipica del trapanese fatta in casa con condimento tutto a crudo: pestato di pomodori secchi, mandorle, pinoli, mentuccia, alici sott’olio di Sciacca, finocchietto, pecorino siciliano, olive e olio evo di Nocellara del Belice. Entrambi sono molto piacevoli, ma io voto per le busiate. I secondi: il “Calamaru nbuttunatu” viene riempito di pinoli, uva sultanina, caciocavallo e mentuccia e due gelatine di arancia amara e finocchietto contribuiscono a riempire lo spazio di sensazioni diverse. Un classico con il vestito di gala.

Infine il piacere di impugnare per il colpo di grazia il Coniglio della domenica arricchito da capperi, pinoli tostati e olive. Fine con piccoli assaggi dolci: compaiono sulla tavola un ottimo “raviolu” di ricotta fritto, una cassata siciliana “’nfurnata” un po’ troppo asciutta e la soave Crema povera di nonna Angelina con la cannella. La carta dei vini è interamente siciliana: del resto l’isola è in grado di accontentare tutti, dalla bollicina al fine pasto e la scelta di campo, pur estrema, ha una sua ragione d’essere. La cantina è affidata al bravo Pietro, apprezzabile per il racconto essenziale (non è posto per omelie). Il servizio è svelto. Piccola nota dolente il pane. Perfettamente siciliano ma forse tagliato troppo in anticipo e quindi lievemente secco in alcuni punti. Hanno promesso che presteranno più attenzione, si cresce anche così. I prezzi: taglieri da 14 a 26 euro, antipasti da 16 a 21, primi da 16 a 22, secondi da 18 a 22, contorni da 6 a 8, dolci 8.

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