Addio al "Baffo" sfortunato, voce doc dei Ricchi e Poveri

Il celebre "basso" aveva lasciato il quartetto vocale dopo la morte del figlio. Il ritorno a Sanremo 2020

Addio al "Baffo" sfortunato, voce doc dei Ricchi e Poveri

Ma lui non è mai cambiato di una virgola. Il Franco Gatti che se ne è andato ieri mattina a 80 anni appena compiuti era tale e quale al Franco Gatti che nel 1967 fondò i futuri Ricchi e Poveri con Angela, Marina e Angelo. Magro, baffi, nasone, malinconia tipicamente «seneisa», ossia genovese. Prima li scoprì Fabrizio De Andrè portandoli da un discografico milanese troppo «beat» per innamorarsi di quattro voci così calibrate da diventare una sola.

Ci fu bisogno della generosa follia di Franco Califano che, al quinto pranzo insieme, trovò un nome al quartetto («Siete ricchi di spirito e poveri di tasca») diventando pure il loro stylist. Fece cambiare la tinta dei capelli ad Angelo e Marina (più biondi) e il taglio ad Angela (si diceva «alla umberta») ma a Franco niente, lui andava bene così com'era, e com'è rimasto fino alla fine. Era il «basso» del gruppo, quello che approfondiva i cori e che aveva una bella gavetta alle spalle con i Jets di Gianni Belleno che poi li lasciò per i New Trolls. Ma soprattutto Franco Gatti, che a 11 anni era rimasto così affascinato da un trio di camalli famosi nei ristoranti del porto da innamorarsi per sempre della musica, era il contrappunto indispensabile nell'iconografia dei Ricchi e Poveri. Marina la sexy. Angela il peperino. Angelo il latin lover. E Franco l'amico dalla battuta pronta ma sempre riservato. «Se ne va un pezzo della nostra vita» ha detto la band senza un filo di retorica.

Era uscito dal gruppo dopo che il destino gli aveva fatto il torto peggiore obbligandolo a sopravvivere al figlio Alessio, morto a 22 anni schiacciato da alcol ed eroina. «È contro natura che un figlio di 22 anni sia morto quando un padre di 70, pieno di acciacchi, è ancora vivo», aveva detto lui. La notizia gli arrivò a Sanremo, poco prima che il gruppo ritirasse il premio alla carriera al Festival del 2013. Partì in macchina, senza guardarsi neanche indietro. Nel 2016 lasciò ufficialmente i Ricchi e Poveri. Troppo pesante andare avanti e rimettersi ogni sera i panni del cantante che trasmette allegria quando l'allegria non ce l'hai più, si è spenta e non l'accendi neanche per finta. Anche nel 2019, al concerto «Ballata per Genova» vicino al mare, il ricco e povero Franco era tra parentesi, frastornato nonostante sul palco fosse trascinante, persino commovente.

L'anno dopo ha chiuso la propria strada artistica esattamente come voleva: «Abbiamo iniziato in quattro, giusto che finiamo in quattro». Settantesimo Festival di Sanremo: i Ricchi e Poveri di nuovo tutti insieme. «Ho rivisto nei suoi occhi la gioia di una persona molto attaccata alla storia dei Ricchi e Poveri», ha ricordato ieri Amadeus.

Insomma ecco la reunion che scatenò la standing ovation dell'Ariston e eccitò lo share tv come ai bei tempi. Era la prova del nove che i Ricchi e Poveri avevano fatto il passo successivo, superando le generazioni e diventando patrimonio collettivo ben al di là delle vendite.

Sì, avevano partecipato a dodici Festival (vittoria nell'85 con Se mi innamoro), avevano fatto tour persino in Russia (nell'86 tra i primi ad andarci) e avevano attraversato i decenni concedendosi chi li venerava come gli Abba italiani, chi li ascoltava controvoglia perché erano dappertutto e i comici che li prendevano in giro perché era un successo garantito (da Alighiero Noschese al Trio Marchesini Solenghi Lopez fino ad Aldo Giovanni e Giacomo).

Ma il loro successo era che tutti li sentivano propri, anche chi li detestava. C'era, nei Ricchi e Poveri, un antidoto naturale che annullava l'inevitabile kitsch dei loro primi anni ma pure degli ultimi, quel folclore un po' inesperto e persino provinciale che era in strepitosa controtendenza rispetto all'impegno cantautorale degli anni Settanta, anche quello spesso provinciale ma comunque benedetto dalla critica più schierata di sempre.

Eppure passo dopo passo, i Ricchi e Poveri sono entrati nel dizionario sentimentale di un popolo, diventando sinonimo di una canzone gioiosa, di voci pastose e di messaggi d'amore che erano sereni anche quando ne cantavano la perdita. La prima cosa bella. Che sarà. Voulez vous danser. Sarà perché ti amo. Inutile negare che le conosco tutti e moltissimi le cantano quasi a memoria. Basta vedere ieri i social, che sono la pancia emotiva più immediata: la commozione non aveva età, proprio come quando se ne va un simbolo multigenerazionale che non aveva zone d'ombra, niente gossip, zero complottismi.

Franco Gatti era il baffo dei Ricchi e Poveri, il nasone, quello brutto ma pure quello bravo, quello che quando gli altri decollavano con gli acuti, lui li ancorava subito. Ora è volato via pure lui e, belìn Franco, se ne è andato via pure un pezzo di ricordi del nostro pop.

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