Beat Kuert anima gli ex voto tra dadaismo e figure naive

Emanuele Beluffi

Lo avevamo visto al M.A.C. di Milano con Furor corporis e il furor ora si è fatto sacro: Beat Kuert, cineasta svizzero, artista immaginifico della fotografia, performer, rende in modo plastico l'iconografia o sarebbe meglio dire l'iconologia? dell'ex voto al Mondadori Megastore di Milano nell'ambito del progetto «StArt» a cura di Angelo Crespi con la mostra «Ex Voto- Per arte ricevuta», avviando il format espositivo di una serie di artisti «destinati» a produrre un piccolo ex voto (per arte ricevuta, appunto) in collaborazione con Fondazione Maimeri e Skira (produzione del catalogo), raccolta che verrà esposta nel 2019 in Mondadori e in musei italiani. La produzione artistica di Beat Kuert lo colloca in una dimensione stilistica dadaista, con recondite armonie con l'Azionismo viennese e figurazioni naive e drammatiche.

Da cineasta trasfigura l'immagine come un'inqudratura filmica, un fotogramma à la Psycho di essere e non essere, morte e vita, alfa e omega, secondo modelli archetipici attuali fra presente e passato. L'ex voto non ha avuto gran fortuna nella storia dell'arte, ma in quella popolare sì: quale altro linguaggio migliore di quello del popolo, dunque, per democratizzare l'arte oggi.

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