Una raccolta di racconti che sono un pugno nell'anima nera dell'inchiostro del nostro io. Racconti che, diventando un'opera corale, diventano un romanzo con pochi precedenti in Italia: almeno per un debutto letterario come quello di Anna Siccardi che da domani arriva in tutte le librerie con La parola magica (NN editore, pagg. 184, euro 16). Un libro che racconta i fantasmi di una generazione, quella che come Anna Siccardi sono nati a fine anni '70, senza essere generazionale: un elemento di non poca rilevanza tra suoi coetanei che consegnano alle stampe libri gergali, istantanei e come tali destinati a perdersi nella lettura come nella memoria.
Anna Siccardi - milanese, laureata in Estetica e in Storia dell'Arte, diplomata in Drammaturgia alla Scuola Paolo Grassi - sino a oggi aveva scritto testi teatrali e cortometraggi. Un passo narrativo che nelle pagine echeggia: soprattutto i dialoghi - che hanno la solennità, pur non noiosa della drammaturgia- e in racconti che sono film visivi ed emotivi senza rincorrere le immagine cinematografiche.
A colpire, ancor prima di immergersi in trame dalle quali è difficili uscire indenni perché ognuno dei racconti-capitoli non lascia solo tracce ma anche lividi, è proprio l'impianto narrativo che ha il respiro del classico con l'andatura veloce, non superficiale, di certe short stories di Lucia Berlin o Alice Munro. Anna Siccardi però ha una sua voce e il suo timbro è ben riconoscibile: storie che raccontano l'assenza della presenza, il rimpianto e la nostalgia di quello che è stato e sarebbe potuto essere ma senza tristezze: c'è solo una malinconia di fondo, come una musica da camera che muove le proprie arie in tutto il libro. I protagonisti sono per lo più fantasmi di se stessi, dei «laceroconfusi» che si affidano agli altri con la coscienza (s)veglia di non aspettarsi nulla se non delusioni. Eppure non è una libro sulla malinconia, ma un romanzo dove ogni racconto è un passo verso quella deriva dei sentimenti nella quali tutti stiamo cadendo.
Anna Siccardi lancia un petalo di rosa nel silenzio assordante di quel Gran Canyon desolato che è diventata la nostra esistenza, una vita (in) folle che ci fa annegare in una nave in bottiglia che ci protegge dalle tempeste ma ci impedisce anche qualsiasi approdo. Anna Siccardi, che ambienta la maggior parte delle storie per lo più in una Milano tanto aristocratica quanto borghese infrange il vetro dell'ipocrisia: racconta di notti alcoliche che poi appaiono come «un parabrezza sfondato», di come «in qualche stanza del passato era bastato avere il giusto minibar per sfiorare lo stato di grazia. Nella sua memoria erano tutte stanze vista mare, anche quando il mare era un parcheggio e i tetti delle auto erano dorsi lucenti di delfini che sorvegliano il naufragio» per poi ritrovarsi al mattino in «un'alba intrappolata» dopo «il padrenostro di una sera».
Ne La parola magica la scrittrice descrive la rinascita di protagonisti segnati da una esistenza spesso persa In un milione di piccoli pezzi, per citare il romanzo di James Fray lo scrittore che ha confessato al mondo il proprio alcolismo. Non che sia una tematica nuova nella letteratura ma Anna Siccardi sa come farci comprendere che ogni dipendenza diventa un effetto collaterale, ci racconta come da fantasmi dell'esistenza, senza mattine da ricordare, si possa comprendere più a fondo la vita quotidiana. Soprattutto ci spiega, senza essere didascalica, come molti suoi coetanei si stordiscono con l'alcool perché è una rivolta silenziosa: un modo di dire «no» attraverso l'autodistruzione nei confronti di un mondo che se lo accetti così com'è come minimo sei un idiota. Al di là delle tematiche è il talento di una scrittura diretta, immediata, elegante (a volte sin troppo) ma che mantiene uno stile «alto» pur rivolgendosi ad ogni lettore. I suoi personaggi mostrano le cicatrici della vita in un mondo dove tutti cercano di nascondere i segni del tempo. Con questo esordio Anna Siccardi si dimostra la scrittrice italiana che a oggi mancava: perché alla finzione narrativa coniuga storie maieutiche che ci fanno comprendere l'inferno stemperato dal nulla delle dipendenze.
Dipendenze che, nella Milano glam che racconta, possono essere cocktail emotivi come la proiezione di molti che fingono di essere ciò che non sono. Anna Siccardi getta la maschera, non ha paura di mettere a nudo quella alta borghesia alla quale lei stessa appartiene.
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