Cacciari insegue Musil e il mondo di oggi fra "Paradiso e naufragio"

Crollati i valori dell'Impero asburgico, Ulrich cerca la rinascita nell'unione con la gemella

Cacciari insegue Musil e il mondo di oggi fra "Paradiso e naufragio"

Negli ultimi tempi l'attenzione dei critici si è incentrata sull'enigma dell'incompiuto finale di L'uomo senza qualità di Musil. Nel 1930 uscì il primo volume e nel 1933, sollecitato dall'editore, il secondo e poi silenzio: l'autore fu travolto da una ricerca infinita, testimoniata da una selva, spesso oscura, di migliaia di pagine, di abbozzi, pentimenti, fughe e ritorni tematici, sicché l'opera non riusciva a progredire, o forse progrediva fin troppo finché, giusto 80 anni fa, il 15 aprile Musil moriva in esilio. Sino all'ultimo giorno aveva ancora corretto il testo, mutando e riscrivendo le bozze alla ricerca di un senso del suo labirintico paradigma del nuovo romanzo della modernità. La sua morte, a detta della moglie Martha, fu quanto mai inopportuna perché troncava di netto una fatica immensa.

Eppure in fondo l'autore non si era allontanato dall'intuizione iniziale, quella che aveva comunicato prima a Rilke e poi, nel 1925, all'editore, annunciando un romanzo dal titolo La sorella gemella, che allude al grande, intrigante, inquietante tema dell'ultimo Musil. Giuseppe Raciti recentemente lo ha riproposto ripubblicando il nucleo centrale con il titolo L'incesto (Aragno). Finora ci si era soffermati soprattutto sulla prima parte, stupenda e grandiosa critica alla Kultur, alla crisi della cultura di fine secolo, rinunciando ad affrontare l'arcipelago frastagliato del probabile finale, noto, dagli appunti, come «Viaggio in paradiso», oppure semplicemente «Viaggio».

E proprio su questo motivo ritorna - dopo circa vent'anni - Massimo Cacciari con Paradiso e naufragio. Saggio sull'«Uomo senza qualità» di Musil (Einaudi, pagg. 128, euro 13), confermando l'importanza di questi frammenti. Ulrich - l'uomo senza qualità - prende atto, con straordinaria ironia, del naufragio dell'«azione parallela» in cui era rimasto invischiato nei vari salotti viennesi prima della Grande Guerra. Si trattava dei vari quanto vani progetti elaborati da un comitato, di cui Ulrich fungeva da segretario, per celebrare il 70º anniversario dell'incoronazione di Francesco Giuseppe, in concorrenza con l'anniversario dell'imperatore germanico, l'antipatico Guglielmo II. In questa ingarbugliata peripezia si affollano i diversi personaggi della Vienna asburgica, tra cui anche il prussiano Paul Arnheim, che è il ritratto musiliano di Walther Rathenau che aveva già interessato Cacciari in un saggio del 1979.

Avendo compreso che tutti i tentativi di organizzare qualcosa di decoroso erano destinati al fallimento, a conferma dell'irreversibile vuoto di valori dell'Impero asburgico, Ulrich si ritira e incontra Agathe, la sorella gemella, e inizia quel dubbio «Viaggio in Paradiso». Dubbio nel senso etimologico, di qualcosa che è duplice, doppio, duale e quindi incerto e oscuro e dunque, per contrasto, alla ricerca di una «immensa chiarezza». È questo l'anelito mistico e insieme straordinariamente razionale che anima Ulrich e Agathe, uniti in un esperimento di elevazione verso il sovrasensibile, senza però ripercorrere i sentieri ormai consunti, marmorizzati della tradizione e delle grandi correnti mistiche del passato. I gemelli percorrono il cammino aspro del pensiero vivente, della realizzazione della coscienza quale nuova apertura alla realtà, alla vita vera, quella del pensiero pensante.

Si apre a loro l'esperienza nuova dell'estasi che sorge dalla «incommensurabile chiarezza» del pensiero cosciente, in cui riaffiorano quale fiume carsico le peripezie che indagavano l'essenza della parola. La parola ritrovata si staglia sul limitare del silenzio che è realizzazione, per Cacciari, del «Mistico filosofico», là dove i pensieri della dialettica e della chiacchiera tacciono per far emergere, nell'oscurità dell'intuizione, la cosa, che in quegli stessi anni costituiva, in analogia, la visione rilkiana della poesia-cosa, del Dinggedicht. Così riflette Cacciari: «Si tratta di un'estasi sobria, meditante, che si esprime in lucida, profana attenzione. Di un'estasi la cui parola si fa così acuta da penetrare la cosa e riguardarla così dal suo interno... Questa estasi è pura concentrazione, acquisto dell'intera realtà, sprofondando nell'ultimo amore». L'ultimo amore è quello che unisce in una esperienza impossibile eppure vera Ulrich e Agathe, Osiride e Iside, secondo una poesia degli anni Venti che già programmava il sublime, metafisico, sacrale, purissimo incesto, di cui scrive Raciti. L'unione simbolica dei gemelli li rende liberi da Dio perché sprofondati in Dio. Non nel Dio della tradizione, bensì in quello dell'intuizione sfiorata da Meister Eckhart e da Nietzsche, l'estremo maestro di Musil. Questa mistica dimensione è il nuovo continente della possibilità al di là della realtà effettuale, dunque si dischiude uno spiraglio all'utopia non quale programma sociale, ma come praticabile paradigma di un uomo nuovo, nato dal nietzschiano «oltreuomo».

Proprio nella polverosa eppur tormentata atmosfera crepuscolare del mondo di ieri si poteva sperare l'impossibile sulla soglia della fine. Si pensi che Zweig e Musil morirono entrambi nel 1942.

A conclusione del suo saggio, Cacciari prende atto che: «il mondo di ieri, con le sue allusioni di armonia, di compiutezza... è finito per sempre. Vie d'uscita non ve ne sono, vie soltanto, che dovremo costruire mentre si va, si cerca».

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