Il più suggestivo, un notturno che sembra quasi un idillio romantico, il San Francesco in estasi, viene da Hartford, nel Connecticut. E il San Giovanni Battista che i milanesi hanno imparato a riconoscere sul retro degli autobus, arriva direttamente da Kansas City. Sono i venti capolavori che costituiscono l'ossatura della mostra «Dentro Caravaggio», che apre oggi a Palazzo Reale. Tutti capolavori autografi, per giudizio unanime della critica, validati da un comitato scientifico che ha a capo Keith Christiansen, responsabile della sezione dipinti antichi del Metropolitan di New York. Una parata impressionante, frutto di un'operazione che, come confessa Massimo Vitta Zelman, presidente di Mondemostre Skira, ha un costo produttivo di 3,5 milioni di euro. Una sfida all'altezza della rinnovata grandeur milanese, che sembra quasi fuori scala per le potenzialità e ambizioni attuali del Paese.
«La mostra si ricollega idealmente a quella di Longhi del 1951», spiega la curatrice Rossella Vodret, sottolineando che si tratta del punto d'arrivo e di sintesi del lavoro compiuto sulle fonti primarie e nella diagnostica dei dipinti a partire dalle celebrazioni del quarto centenario della morte di Michelangelo Merisi. È uno spezzone importante degli studi di storia dell'arte al tempo degli scanner potentissimi oggi a disposizione degli specialisti, che comincia con la monografica del 2010 alle Scuderie del Quirinale e qui si chiude, sette anni dopo. «Abbiamo voluto costruire un percorso che vive di tre momenti diversi. Chi vorrà potrà anche godersi semplicemente questi venti capolavori. Ma sarà possibile anche vedere direttamente i documenti emersi dall'Archivio Storico di Roma, e conoscere l'esito delle indagini che abbiamo compiuto sulla tecnica pittorica del Caravaggio» Da un lato dunque le nevrosi, le paure e le intemperanza di cui è costituita la biografia dell'artistar oggi più celebrata di tutti i tempi; dall'altro l'opera, svelata nel suo farsi grazie alle risorse che offre la multimedialità. «L'idea forte che ci ha guidato in questi anni di lavoro è che una mostra debba essere anzitutto un momento di ricerca», ricorda Filippo Del Corno, assessore alla Cultura del Comune di Milano. «L'evidenza storica che Caravaggio sia nato nella nostra città ci induce d'altronde a pensare che quest'iniziativa possa costituire un punto di partenza per un maggiore approfondimento delle sue vicende giovanili». Proprio le carte riemerse a Roma sposterebbero infatti l'approdo nella città papale del pittore al 1595, quando aveva 24 anni. Ma l'ultima notizia certa di una sua presenza in Lombardia è del 1592. L'assenza d'informazioni con le nuove acquisizioni sì è dunque paradossalmente allargata, perché copre un arco di tempo più ampio.
«È per questo che stiamo pensando a creare un centro di ricerca dedicato interamente al Caravaggio», conclude Del Corno. Milano si mette dunque in competizione con Roma, dove nelle scorse settimane Fondazione Fendi ha annunciato un'intenzione analoga. La sfida per essere capitale della cultura è solo cominciata.
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