"Al Circo Massimo festeggio (in ritardo) i miei settant'anni"

A Roma quasi centomila persone per i suoi sei concerti: "I social spengono il dialogo"

"Al Circo Massimo festeggio (in ritardo) i miei settant'anni"

Niente, non ce la fa. Anche due ore prima di salire sul palco per il debutto di Zerosettanta, ossia i sei spettacoli al Circo Massimo di Roma, Renato Zero non risparmia energie e parla a ruota libera. Del concerto. Di Roma. Dei social. Di Renato. E degli altri. Insomma, finisce la campagna elettorale e inizia la zerofollia, la celebrazione dei suoi settanta anni fatta alla sua maniera, ossia quando ne ha (quasi) settantadue. Dopotutto Renato Zero spesso è arrivato prima degli altri ma oggi continua anche dopo che molti altri hanno perso baldanza e si godono i successi o la vecchiaia. A modo suo, è unico e lo confermano i quasi centomila che in questi giorni lo festeggeranno al Circo Massimo (replica stasera, domani, il 28, il 30 e il primo ottobre). «Ho voluto strafare», spiega confermando che «cambierò la scaletta per riconoscenza ai molti che vedranno più di un concerto». Insomma, ogni serata sarà a sé stante o quasi perché «aggiungerò altri brani e farò dei medley per tracciare un percorso più ricco anche se ho dovuto lasciarne tanti fuori dalla scaletta». Fosse stato per lui, si sa, non ne avrebbe lasciato fuori nessuno.

Dopo cinquantacinque anni di carriera, quale Renato Zero sale sul palco?

«Un cantautore che spesso ha affondato il coltello nella piaga, cantando di solitudine, di nullatenenza e di altri problemi gravi. Nei secoli anche il melodramma ha lambito zone difficili dell'umano, ma ora è ancora popolare in tutto il mondo».

È stato necessario farlo?

«Per me era un pentagramma necessario, così come hanno fatto altri artisti come Guccini, Dylan, Cohen. Non mi paragono a loro ma credo che ci si debba muovere su questi argomenti».

Risultato?

«Beh la fiducia e la stima che ottengo ancora dal pubblico credo sia la risposta migliore».

Ci saranno omaggi durante i suoi concerti? A Raffaella Carrà, per esempio?

«No, a lei no, per me c'è ancora, è viva. Ad agosto ero all'Argentario a casa sua a cucinare la pizza con il lievito madre con Sergio Japino come se lei ci fosse ancora. Invece faremo omaggi a Mia Martini e a Gabriella Ferri, che sono sempre nel mio cuore».

Cos'ha pensato quando le elezioni sono state fissate proprio in questi giorni? Paura o divertimento?

«Non mi ha toccato assolutamente perché anche io sono stato votato per queste serate al Circo Massimo. Il pubblico ha espresso la propria preferenza».

Però che cosa si aspetta dalle urne?

«Noi vogliamo la pace e mi aspetto un governo magari anche composto da tre partiti diversi ma che sappiano combinare i propri ideali con le esigenze degli operai, dei malati e degli studenti. In ogni caso, forse era meglio che Draghi finisse il proprio mandato, così avremmo potuto prepararci meglio. Invece votiamo come se stessimo giocando la schedina del Totocalcio».

È accaduto altre volte in passato...

«In passato abbiamo avuto politici che si erano fatti conoscere, come Saragat e Nenni, Almirante e Togliatti. Ora ci sono parlamentari che dopo una poltrona (cioè un mandato, ndr) durante il quale magari hanno disatteso le speranze degli elettori, si prendono la pensione, mentre un operaio ci impiega tutta la vita».

Magari è anche un problema culturale.

«La cultura ha nutrito tutti, da Eduardo De Filippo a Tito Schipa, abbiamo un patrimonio enorme. Perché dobbiamo disattenderlo?».

C'è la musica.

«Che non deve essere un'alternativa ma il companatico».

Quale pubblico si ritrova davanti?

«Persone che attraverso me e le mie canzoni hanno trovato conforto per rimanere a galla».

Il 30 settembre compirà 72 anni.

«Nella mia vita forse ho trascurato Renato. Forse Renato aveva bisogno di prati verdi e di mari azzurri. Ma ho avuto sempre la sensazione che la musica mi facesse nuotare nei mari azzurri e correre sui parati verdi».

Com'è cambiato il mondo intorno a lei?

«Mi viene in mente che, quando ho lavorato con Federico Fellini a Cinecittà, intorno a lui c'era una atmosfera che oggi si fatica a ritrovare. Le comparse. Le persone che lo assistevano e magari al mattino gli preparavano la spremuta quando lui si fermava a dormire lì perché faceva tardi. Gente che adorava la vita e ti faceva sentire felice di incontrarla. Oggi non si respira più un'atmosfera del genere».

Allora lei era agli esordi. Oggi riempie il Circo Massimo per sei volte di seguito.

«Io non sono mai stato favorevole a questi gigantismi. Ma qui sono tutti in poltrona, seduti comodi davanti a una orchestra sinfonica diretta da Adriano Pennino, a 24 ballerini e 8 coristi. In certi momenti saremo in cento sul palco».

Un rito collettivo. Il contrario della solitudine social.

«Questi social hanno davvero soppiantato il dialogo umano, e dire che ce ne sarebbe tanto bisogno».

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