Una colletta per il nuovo libro di Busi

Io sono sempre stato contrario agli appelli, di qualsiasi tipo, ma questa volta ne faccio uno io. Perché questo non è un paese per scrittori

Una colletta per il nuovo libro di Busi
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Io sono sempre stato contrario agli appelli, di qualsiasi tipo, ma questa volta ne faccio uno io. Perché questo non è un paese per scrittori. L'oggetto è uno: Aldo Busi. Il nostro più grande scrittore vivente, che ormai è introvabile nelle librerie, e già qui ti viene la depressione, almeno a me che fatico a trovarli online e di seconda mano quando voglio regalarne una copia a qualcuno. Insomma, dopo un decennio di isolamento, Busi annuncia di avere pronto un suo ultimo romanzo testamento, Seminario sul postmortem, di quasi novecento pagine, e che nessun editore vuole, addirittura neppure i futuri eredi. Non voglio farla troppo lunga, come si dice a Roma le chiacchiere stanno a zero. Busi è un genio, ha cambiato la letteratura italiana, la lingua italiana, ha prodotto tanti di quei capolavori che per elencarli tutti finirei tutto lo spazio che ho, e penso che senza i suoi libri letti da giovane non ci sarei stato io, gli sono debitore, in quanto lettore e in quanto scrittore. Come persona è insopportabile (come personaggio televisivo è spaziale, ma Aldo Busi non è Aldo Subi, citazione che capiranno solo i lettori di Busi, e tant'è che è sparito dagli schermi, il livello si è abbassato troppo, meglio pagare Fabrizio Corona) ma uno scrittore non deve essere sopportabile, e d'altra parte anch'io le persone che ritengo frequentabili sono meno di cinque, figuriamoci lui. Uno dei suoi capolavori, Sodomie in corpo 11, era dedicato al sub-dio, perché lo scrittore, spiegava Busi in quelle pagine di cui non una sola riga non era geniale, è l'essere immediatamente sotto l'idea di dio. Al su-dio, quindi, anagramma di Aldo Busi. C'è un suo romanzo, che sarà una specie di testamento letterario di un genio, e non c'è un editore? Qualcuno dice: chiede troppi soldi. E perché non dovrebbe, è Aldo Busi, mica uno dei timbratori di cartellini narrativi della narrativa italiana che fanno a gara per farsi dare il famoso premio, giustamente, perché cosa volete che resti di questi qui? Il problema è che Busi vuole centomila, duecentomila euro? Ma gli editori non avevano l'alibi culturale di pubblicare paccottiglia commerciale con il fine di potersi permettere di pubblicare la vera letteratura? Il venditore di collant lo paghi per quanto vende, il genio per avere dignità culturale, non più? Organizziamo una colletta, i giornali non sono messi bene ma penso che i lettori del Giornale sarebbero disposti a mettere la loro parte, e lo facciano pure quelli del Corriere della Sera, Repubblica, il Fatto Quotidiano, La Verità, Libero, e di tutti coloro che hanno delle pagine culturali. Si faccia avanti un editore, Mondadori, Einaudi, Rizzoli, Adelphi, La nave di Teseo, chiunque sia disposto a pubblicarlo e dica: «vorremmo, ma costa troppo, se lo pagate voi lo pubblichiamo noi». Sarebbe uno scossone culturale ma anche uno schiaffo morale in un mondo letterario che è disposto a vendersi per poco, per quello che danno anche troppo. Busi no, non si svende, neppure da vecchio. Altrimenti la letteratura non ha più senso.

Altrimenti è inutile riempire paginate sul nuovo Houellebecq, che è uno scrittore molto interessante, ma non un genio. Altrimenti quando Aldo Busi morirà, cari critici, giornalisti, letterati e combriccole varie di amici della domenica, il coccodrillo potete infilarvelo dove sapete.

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