Così Miró riempiva le sue tele con tutti i colori dei sogni

Una grande mostra a Parma. In cinquanta quadri dipinti con foga surrealista il meglio della potenza creativa del genio catalano

Così Miró riempiva le sue tele con tutti i colori dei sogni

da Parma

«La pittura di mio nonno è difficile da capire razionalmente, ma è facile da sentire con il cuore». Il catalano Joan Punyet Mirò con i capelli che sfiorano le spalle, gli occhialetti tondi, il passo svelto e una perfetta parlata in itagnolo, non è solo il nipote del grande Joan Mirò (1893-1983). È il custode della memoria creativa dell'artista surrealista. «Sono uno dei tre figli di Maria Dolores, unigenita di Mirò e di sua moglie Pilar. Siamo una piccola famiglia. Ho passato anni, da ragazzino, nell'atelier di nonno (a Palma de Maiorca, ndr). Aveva un rito: prima di cominciare a dipingere sceglieva uno dei suoi dischi e lo ascoltava. Poi, apriva a caso uno dei tre volumi di poesie che teneva sul primo gradino della scala che conduceva allo studio: di solito erano versi di Verlaine o Baudelaire».

A Palma, ultima enclave mediterranea di Mirò, rifugio dalle brutture del mondo dopo gli anni parigini e la residenza a Barcellona dove aveva già creato la Fundació che ancora oggi conserva oltre diecimila sue opere, l'artista assembla una delle raccolte di vinili più eclettiche della Spagna: da Bach a a Jimi Hendrix, passando per John Cage. «La sua tavolozza era aperta a ogni genere musicale perché da tutto traeva ispirazione e così accadeva anche per la poesia», continua Joan Punyet Mirò, di passaggio in Italia perché alla Fondazione Magnani-Rocca, che si trova nella piccola frazione emiliana di Mamiano di Traversetolo, dentro la strepitosa villa dei capolavori del compianto musicologo Luigi Magnani, ha appena aperto una nuova mostra. Mirò. Il colore dei sogni (fino al 12 dicembre), in collaborazione con la Fundación Mapfre di Madrid e per la cura di Stefano Roffi, presenta una cinquantina di lavori tra gli anni '30 e gli anni '70. Davvero c'era bisogno di una ennesima mostra su Mirò?

«Mio nonno è un artista che non finisce mai», risponde Joan Punyet Mirò e per dimostrarlo ci porta davanti a Oisaux dans un paysage, una tela enorme pervasa dal nero, dipinta tra il 69 e il 74 dopo che Mirò si era voluto fermare al Prado per ore davanti ai soli lavori di Goya. «Spesso si derubrica la pittura di mio nonno come infantile. Allora io rispondo: Benissimo: chiamate un bambino e fategli fare lo stesso. Mirò, così estroverso e sperimentale su tela, fu un uomo timido e riflessivo. Amava studiare a fondo i maestri: ha voluto rompere con la sua pennellata figlia dell'inconscio i rigidi schemi dell'accademia tradizionale, ma non ha mai dimenticato la lezione dei grandi. Su tutti: Van Gogh, Matisse, Kandinsky». Ancora aperta e su questo la mostra indaga la questione delle influenze di Mirò sull'arte americana del secondo Novecento.

«L' Action Paiting americana deve molto alla liberazione del gesto pittorico, allo sdoganamento della pittura che fece Mirò. Fu tra i primi a sperimentare il gocciolamento. Fino alla fine, anche da anziano, lottava con la tela: negli ultimi anni si avvaleva della collaborazione di assistenti, ma la sua è sempre stata una pittura gestuale, un faccia-a-faccia con la tela bianca».

L'esposizione alla Fondazione Magnani-Rocca, grazie anche a queste suggestioni riferite da chi è vissuto accanto a uno dei grandi geni della pittura del Novecento, ci restituisce un Mirò parecchio lontano dall'immagine di soave e gradevole pittore buono per i magneti da appiccicare sul frigorifero. Joan Mirò, che odiava l'oscurantismo franchista rivendicando le sue origini catalane, scelse il francese come lingua madre dei titoli delle sue opere: «Un omaggio all'educazione intellettule che gli offrì Parigi», spiega il nipote. «Il più surrealista di noi tutti» lo chiamava André Breton, che del Surrealismo è considerato il fondatore.

Dalla spumeggiante energia di quegli irripetibili anni Venti, dalla feconda amicizia con Picasso, dall'amore per ogni forma di avanguardia, sia essa musicale, poetica o visiva, dalla passione per la storia dell'arte e per la tranquillità famigliare, Joan Mirò ha saputo creare una sintesi pittorica raffinata eppure di immediato impatto visivo. Una formula che a ogni ennesima mostra ci seduce, come fosse la prima volta.

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