Cose che capitano anche alle migliori. Étoile dell'Opéra di Parigi, direttrice del Ballo all'Opera di Roma, una delle più fulgide star della danza internazionale. Un giorno una ragazza entusiasta la ferma per strada: «Ma tu sei la ballerina di Amici!». «Avrei voluto morire sospira Eleonora Abbagnato - Trent'anni sulle punte e mi riconoscono perché ho fatto la giurata per Maria De Filippi?». Niente paura: nulla di simile dovrebbe accadere il 1 luglio al Festival di Spoleto, quando la celebre ballerina danzerà il suo Omaggio a Maria Callas: singolare abbinamento per una ricorrenza irripetibile, i quarant'anni dalla morte della divina.
Banale ma inevitabile: perché celebrare la voce del secolo con uno spettacolo di danza?
«Perché ero stufa dei soliti gala di danza che non significano nulla. E alla ricerca di un personaggio su cui incentrare quello di Spoleto, ho avuto la folgorazione. Chi meglio di Maria? Ovviamente non l'ho mai conosciuta, né mai vista in scena. Anzi a dire il vero io non amo nemmeno molto l'opera».
E allora?
«Però amo gli artisti unici. La Callas è come Nureyev: irripetibile. Perfino nei difetti. Renata Tebaldi? La perfezione assoluta. Ma una sgranatura nella voce della Callas e tac!- bastava quella a graffiarti il cuore».
Suona strano, in una ballerina, l'elogio dell'imperfezione
«Non avrei mai fatto la ballerina, senza poter esprimere la mia umanità. I miei ruoli sono Carmen, Manon, Margherita donne vere, vive. Adoro la tecnica, certo. Ma non darei la vita per una pirouette in più. E anche i ballettomani, per fortuna, sono stanchi di applaudire esibizioni che hanno a che fare più col circo che con la danza».
Come ha concepito, allora, questo Omaggio a Maria Callas?
«Partendo dalla sua voce. Che in sottofondo accoglierà il pubblico già al suo ingresso in teatro. Quindi con un passo a tre da Tosca: sulla registrazione diretta da Pretre, io, Audric Bézard e Claudio Cocino cercheremo di restituirne tutta l'infuocata irruenza, la ribollente passione della scena del delitto. Ci sarà poi una coreografia che ho creato io stessa su un altro brano-simbolo di Maria: Un bel di vedremo dalla Butterfly. Infine due importanti lavori di Preljocaj, Le Parc e Annonciation, e uno di Pech, Stabat Mater».
Sia pure con le ovvie differenze, come artista pensa di avere qualcosa in comune con la divina?
«La passionalità mediterranea (lei greca, io siciliana d'ascendenza greca); il concepire il lavoro come una full-immersion nella bellezza, nel tentativo di dare sempre il massimo, ogni volta, con rigore inflessibile».
Quali erano i suoi miti quando, ancora bambina, divenne allieva di Nurejev all'Opéra di Parigi?
«Sognavo di diventare brava come le più brave nei loro cavalli di battaglia: come la Fracci in Giselle, la Maximova in Lago dei Cigni, la Savignano in Bolero. Ambiziosetta, eh? Ne parlavo sempre. E Nureyev ci ripeteva, implacabile: Smettela di parlare. Fate. Così oggi la stessa cosa la ripeto io, ai miei ragazzi».
Lei non disdegna di esibirsi in contesti molto diversi dal suo: Sanremo, Amici, il film con Ficarra e Picone
«Il mondo della danza è talmente chiuso, talmente ripiegato su sé stesso Ogni tanto fa bene misurarsi con la realtà E poi chi può resistere a Sanremo? Bonolis mi terrorizzava: saprai scendere le scale? Caro: le ho già scese in Cenerentola e Romeo e Giulietta, gli risposi. Quanto ad Amici la tv non è la danza vera, d'accordo: lo sappiamo tutti. Ma può aiutare ad avvicinare i giovani al classico».
Come quella ragazza che l'ha fermata per strada?
«Non me ne parli. Da quel giorno mio marito (l'ex calciatore della Roma Federico Balzaretti, n.d.r) non fa che prendermi in giro. L'Opéra di Parigi? Bene. L'Omaggio alla Callas? Bello. Ma quand'è che torni a fare Amici?».
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