da Los Angeles
I più romantici la chiamano «la fabbrica dei sogni». È vero con i suoi film, animazione, tv series, parchi a tema, una radio e persino una linea di crociere, l'impero Disney fa sognare grandi e piccini, ma un occhio più attento lo mostra per quello che è: uno dei colossi dell'economia americana, con un fatturato 55 miliardi di dollari all'anno se si esclude Fox, comprata a fine 2017, per 66 miliardi di dollari, fra azioni e passività.
In effetti, da quando è stata fondata, nell'ottobre del 1923 ad oggi, di sogni - e di soldi la Disney ne ha macinati tantissimi e il D23 che si è tenuto lo scorso fine settimana ad Anaheim (a sud di Los Angeles, dove c'è il parco di Disneyland), ne è una dimostrazione. Davanti a 7000 persone è stato presentato il palinsesto della prossima stagione, al cinema, in tv e su Disney +, il nuovo canale di streaming che partirà il prossimo 12 novembre con una libreria in grado di costituire una seria minaccia per Netflix, Apple TV, Amazon video e tutti gli altri canali streaming, nati molto prima ma senza la forza mastodontica dell'archivio del marchio di Topolino.
Saranno infatti immediatamente disponibili tutti i classici, da Biancaneve al Re Leone, oltre all'intera saga di Star Wars, tutti i film della Marvel e tutti i successi di animazione della Pixar, più qualche sugosa novità, come l'attesissimo live-action di Lilli e il Vagabondo, con veri animali come protagonisti e il Vagabondo salvato da un canile, in uno scrupolo verista.
Al cinema invece la parte del leone alla presentazione del D23, l'hanno fatta gli eroi di Star Wars e Marvel, con la presentazione del nuovo Star Wars - Rise of Skywalker, atteso a dicembre, nono e ultimo capitolo della saga che ha cambiato la storia del cinema. JJ Abrams, che lo ha diretto, ha annunciato che ci sarà ancora la compianta e amatissima Carrie Fisher, mancata improvvisamente a Natale del 2016. «Leila è il cuore della storia, abbiamo scoperto di avere ancora qualche immagine del settimo capitolo, non potevamo scrivere la fine senza di lei».
Sul fronte Marvel, è stato annunciato il secondo capitolo dell'unico film tratto da un fumetto candidato all'Oscar. Black Panther avrà infatti un sequel in uscita nel 2022, mentre la squadra di supereroi nati dalla penna di Stan Lee si arricchirà di un nuovo personaggio: la star del Trono di Spade, Kit Harington, sarà Dane Whitman in The Eternals, dove ci saranno anche Angelina Jolie (che con Disney sta lavorando anche al sequel di The Maleficent) e Salma Hayek. Presentati anche Jungle Cruise, con Dwayne Johnson e Emily Blunt, Crudelia - live action da La carica dei 101, con Emma Stone nel ruolo della nemica dei Dalmata - Frozen 2 e la prossima fatica Pixar, Soul.
Il topolino dunque non ha partorito la montagna, Topolino è diventato la montagna, mangiandosi la concorrenza. D'altronde sono più di novant'anni che Disney non sbaglia nessuno dei suoi colossali colpi. Rischia grosso, ma vince sempre le sue scommesse. La prima fu quella lanciata da Walt Disney quando nel 1934 ebbe l'idea di produrre un lungometraggio di animazione. Era Biancaneve e i sette nani. Hollywood si beffò dell'idea e Walt dovette ipotecare la sua casa per finanziare il film, che alla fine arrivò ad un costo totale di più di un milione e mezzo di dollari, una somma enorme per l'epoca. Nel 1939 però, solo un anno dopo la sua uscita, il film aveva già incassato quattro volte tanto. Fu quella la prima delle visionarie mosse della casa di Burbank, le altre sono avvenute sempre in tempo di crisi, reinventandosi, spesso con un'acquisizione.
Era in crisi nel 2006, ad esempio, quando il cinema di animazione era passato al digitale e Disney disegnava ancora a mano o si appoggiava alla Pixar per la Computer Graphic Animation. Decise quindi di acquistare quel temibile concorrente. Ancora oggi, quella fra Disney e Pixar, è considerata una delle fusioni di maggior successo a Hollywood.
Era in crisi anche nel 2009, quando il mercato del cinema stava convergendo le sue forze sulle grandi produzioni tratte dai fumetti. La casa di Topolino comprò Marvel. Risale invece al 2012 l'acquisto del franchise evergreen di Guerre stellari.
Prima dell'acquisizione Fox, poi, Disney stata attraversando un'altra crisi, etica più che economica, con lo scandalo molestie sessuali che investì John Lasseter vincitore dell'Oscar per Toy Story e arrivato a Disney nel 2006, in dote da Pixar. Insomma, la casa di Topolino è diventata una delle aziende più aggressive della storia del moderno capitalismo. C'è poca magia in tutto questo? Il fatto è che funziona così, la magia, a Hollywood.
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