«In che anno siamo?» «33d.C.» «Dopo Cristo?» «No. Dopo Covid». Inizia così l'ultimo racconto, scritto da Claudio Foti, della bella antologia Decamerovirus. Venti racconti per sopravvivere alla peste del XXI secolo, curata da Gianfranco de Turris per Homo Scrivens (pagg. 350, euro 18), a cui hanno contribuito una ventina di autori tra i più noti e qualificati del Fantastico italiano, tra i quali Luigi De Pascalis, Max Gobbo, Errico Passaro, Pierfrancesco Prosperi e Luca Ortino.
Come il titolo lascia intuire, il pretesto per chiamarli a raccolta è stato dato dalla quarantena, poi diventata lockdown: durante il lungo periodo di arresti domiciliari, a Gianfranco de Turris è venuto in mente di esaminare l'accaduto da vari punti di vista: psicologico, sociologico, politico e morale, chiedendo aiuto agli amici scrittori, che hanno prontamente risposto. La cornice in cui si snodano i racconti è la seguente: un misterioso Conte N. (un affettuoso omaggio allo scrittore Stanislao Nievo), antimoderno proprietario di un castello in Friuli, al dilagare dell'epidemia di influenza cinese, poi ribattezzata Covid-19 in ossequio alle regole non scritte ma inflessibili del politicamente corretto, invita venti amici a trascorrere insieme il periodo di isolamento dal mondo esterno, in attesa che finisca «la peste del XXI secolo». Per passare il tempo, e soprattutto per immaginare come la pandemia avrebbe trasformato il mondo, chiede a ciascuno dei suoi ospiti di elaborare delle storie che sarebbero poi state lette di fronte a tutti. Il risultato non è, come si potrebbe credere, una raccolta eterogenea di storie più o meno avvincenti, ma, grazie all'indiscutibile abilità del curatore, ci troviamo di fronte a un'opera organica, costituita da racconti collegati dal punto di vista logico e da quello cronologico, con un inizio e una fine, e che fanno di questo esperimento letterario un tentativo riuscito di analizzare, criticare e approfondire, grazie all'immaginazione, una realtà inimmaginabile: la Pandemia della Modernità, come la chiama de Turris. E dato che, come sostiene uno degli autori, «uno dei compiti della fantascienza è di anticipare o estrapolare le tendenze», ecco descritti e criticati i meccanismi che in pochi mesi hanno trasfigurato la realtà, descritta ironicamente da Claudio Foti in questi termini: la mascherina è il nuovo crocifisso; il coronavirus è come gli antichi dèi, ineffabile, immanente e inspiegabile dalla scienza; salutarsi col gomito e mantenere le distanze sono le nuove pratiche liturgiche e i virologi sono i nuovi sacerdoti che dispensano, con il vaccino, la salvezza eterna, coadiuvati dalle infermiere con le visiere e le tute da palombaro che sono le nuove vestali. Il tutto per affrontare «una nuova malattia, l'unica in cui sono i dottori a cercare i malati e non viceversa, Mistero della fede».
Come si vede, non una semplice fuga dalla realtà, ma il tentativo, come ricorda il curatore, di far ragionare sulla nostra società, senza voler fare del pedagogismo o della demagogia spicciola, ma con lo scopo di
far pensare i lettori. In pochi mesi, alla pandemia si è sostituita la guerra, ma i meccanismi e le conclusioni sono le stesse: chissà che a de Turris non venga in mente di curare un'altra antologia di racconti bellici...
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