"Ecco come fu pianificato il genocidio degli Armeni"

Lo storico turco, oggi a Pordenone legge, ci racconta perché ancora oggi la Turchia finge di non sapere

"Ecco come fu pianificato il genocidio degli Armeni"

Fra gli eventi più attesi al festival Pordenonelegge, oggi, la presentazione del libro Killing Orders. I telegrammi di Talat Pasha e il genocidio armeno (Guerini e Associati) di Taner Akçam, coraggioso intellettuale e storico turco, da anni rifugiatosi negli Stati Uniti per la sua lotta a favore della verità sul destino del popolo armeno e ancora oggi persona sgradita per il regime di Ankara. Alle 11 (nello Spazio San Giorgio) Akçam racconterà, tradotti per la prima volta in lingua italiana, i telegrammi di Talat Pasha, l'architetto del Metz Yeghern, il Grande Male, lo sterminio. Ha accettato di parlarne in anticipo con il Giornale.

Professor Taner Akçam come mai attorno al genocidio armeno c'è stato un silenzio così lungo?

«Possiamo rispondere alla domanda su tre diversi livelli: primo, dal punto di vista degli armeni. Ci sono voluti decenni perché il popolo armeno portasse il genocidio nella sua agenda. A differenza dell'Olocausto, i governanti ottomani iniziarono il genocidio sterminando intellettuali e leader comunitari armeni. Gli armeni hanno perso quasi tutta la loro classe intellettuale durante il processo di genocidio. E ci sono volute tre-quattro generazioni di armeni per costruire le condizioni di una riflessione intellettuale su quanto era successo al loro popolo. Il piccolo stato armeno, fondato nel 1918, perse la sua indipendenza nel 1921 e fu bolscevizzato. Parlare di genocidio in Armenia fu vietato fino al 1965. A causa di tutti questi fatti, gli armeni hanno potuto alzare la voce con forza solo dopo il 1965, ma non avevano abbastanza potere. Quando cominciarono ad alzare la voce, nessuno li udì».

E la Turchia?

«Il secondo livello di cui le dicevo è la Turchia. La Turchia è stata fondata principalmente dal partito e dai quadri che hanno organizzato il genocidio armeno. Il nuovo regime ha vietato di parlare di storia e l'ha resa tabù. Cosa sarebbe successo se i nazisti avessero fondato la Germania di oggi? L'espulsione forzata degli Armeni superstiti dalla Turchia in vari modi continuò nei primi anni della Repubblica. Non c'è più alcuna comunità in Turchia che possa portare alla luce le esperienze degli armeni. La piccola comunità di Istanbul ha vissuto nella paura. E poi il terzo livello: l'opinione pubblica internazionale. Il tema del genocidio avrebbe potuto essere sollevato, soprattutto nel mondo occidentale, ma per le grandi potenze sarebbe impensabile rendere la vita difficile a una Turchia che è diventata membro della Nato. Quando tutti questi fattori sono messi insieme, penso che il silenzio intorno al genocidio armeno sia comprensibile».

Ha trovato documenti che provano che il genocidio è stato pianificato con cura. Quali?

«Classificherei questi documenti in due diversi livelli. La prima categoria di documenti è quella che mostra che l'intero genocidio è stato organizzato come un piano demografico. I governanti ottomani miravano a deportare gli armeni, che costituivano il 25% della popolazione nelle regioni in cui erano concentrati, come la Siria, e ridurre il loro numero a un livello che non supererebbe il 10%. Ciò significava ridurre gli armeni da 1,8 milioni a circa 150mila. E hanno raggiunto gli obiettivi. Infatti, il numero di armeni sopravvissuti al genocidio in Siria è stato di circa centomila. È possibile seguire questo processo con centinaia di documenti attualmente disponibili negli archivi di epoca ottomana. Il secondo gruppo di documenti è costituito da carte relative a ordini o pratiche di uccisione diretta. È possibile raccoglierli in tre diversi gruppi. La prima sono le lettere e i telegrammi contenenti le decisioni e gli ordini di sterminio scritti da Bahaettin akir, membro del Comitato centrale del Partito dell'Unione e del Progresso e responsabile della Tekilat-i Mahsusa (Organizzazione speciale) incaricata di sterminare gli armeni. Il secondo sono le decisioni di sterminio locale limitate ad alcune province prese dal Comitato centrale di Erzurum dell'Organizzazione speciale. Il terzo gruppo sono gli ordini di sterminio di Talat Pasha, il ministro degli Interni. Ho pubblicato alcuni di questi documenti nel mio libro Killing Orders».

Perché i telegrammi di Talat Pasha sono così importanti per comprendere la genesi del genocidio?

«Questi telegrammi sono ordini di uccisione diretta: erano tutti documenti cifrati scritti con codici speciali del ministero dell'Interno. Quindi, la loro autenticità è fuori discussione. Non possono negare che si tratti di documenti autentici. Questi documenti sono il colpo più significativo alle politiche di negazione dei governi turchi che esistono da decenni»

Perché la Turchia di oggi non è disposta ad ammettere le responsabilità di allora, dopo così tanto tempo?

«Ci sono vari motivi per negare. Il primo semplice motivo è la paura di pagare un risarcimento. Se la Turchia accetta che il genocidio ha avuto luogo, sarà obbligata a pagare i risarcimenti. Anche se ti rifiuti di definire gli eventi del 1915 come genocidio, ma riconosci che nel 1915 in Turchia è accaduta una ingiustizia, devi restituire qualcosa. Pertanto, per evitare di farlo, negare completamente il genocidio ha molto senso. La seconda ragione importante per il negazionismo turco è quello che io chiamo il dilemma di trasformare gli eroi in cattivi. L'argomento è semplice: la Repubblica turca è stata fondata dal Partito dell'Unione e del Progresso, gli architetti del genocidio armeno del 1915. E così, un numero significativo dei quadri fondatori della Turchia è stato direttamente coinvolto nel genocidio armeno o si è arricchito saccheggiando le proprietà armene. Ma questi individui erano anche i nostri eroi nazionali. Se la Turchia riconosce il genocidio, dovremo accettare che alcuni dei nostri eroi nazionali e padri fondatori erano assassini, ladri o entrambi. Questo è il vero dilemma. Dall'istituzione della nostra Repubblica, abbiamo creato una realtà comunicativa che pone il nostro modo di pensare e di esistere su Stato e nazione. Alla fine, questa realtà comunicativa ha creato un segreto collettivo che copre come un guanto tutta la nostra società. Ha creato un grande, gigantesco buco nero. Questo silenzio segreto ci avvolge come una coperta calda e soffice. L'ultimo motivo della negazione turca del genocidio armeno è quello che io chiamo argomento di Pinocchio. È difficile cambiare te stesso una volta che hai detto una bugia, anche nella normale vita quotidiana. Uno stato che mente da 90 anni non può semplicemente invertire rotta».

Quali sono le difficoltà che incontra uno storico nel reperire documenti di quell'epoca?

«La difficoltà principale è che i governi turchi hanno nascosto i documenti critici agli studiosi nel corso dei decenni. Gli archivi furono ripuliti durante i successivi governi repubblicani, in particolare il governo dell'Unione e del Partito del Progresso, che organizzarono il genocidio. Se i documenti critici nell'archivio non venivano bruciati o distrutti venivano comunque segretati.

Ad esempio, gli archivi militari ad Ankara sono ancora chiusi agli studiosi che vogliano valutarli. È difficile da immaginare, ma tutti i documenti relativi alla Prima guerra mondiale e alle deportazioni armene non sono accessibili».

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