Gli eroi sono come lupi che ululano alla Luna. Il teatro di Buttafuoco

In scena la storia di Cicala, l'italiano diventato capo dell'esercito ottomano

Gli eroi sono come lupi che ululano alla Luna. Il teatro di Buttafuoco

Un cuntu, narrato e musicato dal vento. Il vento che porta le memorie di un bambino che con i suoi occhi ha immortalato la storia e ne sarà un'illustre vittima. E la storia è quella di Scipione Cicala detto il Cicalazadè, che sanguina d'amore cercando la sua luna e navigando la cerca, dentro di sé, soprattutto, poiché sa bene che la sua rotta non potrà incontrarla. Questa storia è la stessa che lo scrittore e giornalista Pietrangelo Buttafuoco racconta nel commovente Il lupo e la luna (Bompiani, 2011) e che oggi arriva a teatro in una prima speciale, che vede in scena due istrioni come Salvo Piparo, che da tempo racconta la Sicilia e le sue storie di vita e leggende popolari attraverso la tecnica rievocativa del cuntu, e Lello Analfino, musicista e performer che si esibisce anche con il gruppo siciliano dei Tinturia, di cui è il frontman.

Non è la prima volta che Il lupo e la luna approda a teatro: molti ricorderanno la lettura appassionata che lo stesso Buttafuoco fece del proprio romanzo due anni fa in prima nazionale al «Ciclo dei Classici» del Teatro Olimpico di Vicenza. Allora lo scrittore trasformò la storia del giovane Scipione Cicalazadè, comandante degli eserciti Ottomani di terra e di mare, in una sorta di «canto magistrale» sulle radici culturali dell'utopia. Perché questo è il testo di Buttafuoco: visione e missione dell'eroe, presente e futuro del gesto e dell'azione, tra dolore e tradimento, che prendono corpo in un viaggio malinconico e straziante, ma reso intenso dal coraggio necessario ad andare avanti.

Il lupo che ulula la sua passione alla luna e che nel farlo non si cura dei confini tra Occidente e Oriente, tra mare e terra, tra carne e spirito, è perfetto per un continuum teatrale che rompe lo spazio scenico per trasformarci in viandanti avventurosi e pronti a tutto, prigionieri e velisti insieme, schiavi e condottieri: questo almeno sembra l'intento dell'edizione trasposta da Valentino Picone, che vede oggi la sua prima alla Villa romana del Casale di Piazza Armerina (e che andrà in replica all'Orto botanico di Palermo il 23, 24, 25 agosto).

A guidarci è appunto la vicenda del messinese Scipione Cicalazadè, giovane forte e intelligente, figlio del Visconte Cicala, che a soli dodici anni viene rapito dai pirati. Il ragazzo sarà portato in dono al Sultano e verrà educato alla sua corte: deve diventare il Prescelto, colui che come beneficio potrà governare gli eserciti ottomani di terra e di mare e come maledizione dovrà combattere, conquistare e perdere, per sempre, la pace interiore e la presenza costante di sua madre, donna Lucrezia, e l'abbraccio della sua terra di origine.

Il regalo che il destino fa a Scipione è il compagno fidato dell'eroe, l'ombra del guerriero, la voce che è perdita e amore, vento e tenerezza: un lupo. In due, come tutti siamo due e doppi e accompagnati dai nostri sogni più grandi, il guerriero e il lupo aiuteranno i congiurati di Tommaso Campanella. Ed ecco l'utopia. Ameranno la Luna che è donna e insieme nobiltà d'animo. Ed ecco la passione. Riabbracceranno la famiglia, la terra, la patria, ma verranno anche spezzati dallo scontro con il fratello Filippo, inflessibile cattolico. Ed ecco il tradimento, e la battaglia, sottolineati dalle musiche originali di Analfino, che recupera per richiami, ritmi e stilemi il Cigala-Zade Yusuf Sinan che diventa «Sinan Quapudàn Pascia», il comandante in capo della flotta originario di Sina, ovvero Genova (la città in cui è nato il padre di Scipione), lo stesso «Sinan Capudan Pascià» che Fabrizio De André canta nella raccolta Creuza de mä.

Come in ogni «viaggio dell'eroe», senza che si sveli troppo del romanzo e del cuntu, sappiamo già che il mutamento interiore sarà il grande dono finale e in questo testo

grandi saranno anche la magia e la spiritualità del ritorno e del ritrovamento. Ad accompagnare il canto e le musiche di Lello Analfino, in scena anche Lino Costa alle chitarre e Francesco Prestigiacomo alle percussioni.

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