Fallita la rivoluzione renziana, la Rai ritrova il suo cammino

Per far funzionare bene un'azienda, basta usare il buon senso, essere pratici e affidarsi a chi conosce il mestiere da decenni

Fallita la rivoluzione renziana, la Rai ritrova il suo cammino

Forse non ci vogliono le rivoluzioni. Forse non ci vogliono i discorsi metafisici. Forse non ci vogliono i super esperti chiamati da fuori. Forse, per far funzionare bene un'azienda, basta usare il buon senso, essere pratici e affidarsi a chi conosce il mestiere da decenni. Ecco, forse, è semplicemente questa la chiave del successo che sta ottenendo in questo momento Raiuno e, insieme all'ammiraglia, tutta l'azienda di Stato. Dall'inizio dell'anno è stato un susseguirsi di programmi di qualità che hanno ottenuto grande riscontro di pubblico. E qualità non significa noia, altrimenti gli spettatori non accorrerebbero. Dalla serata di danza con Bolle ai documentari sulle meraviglie italiane di Alberto Angela, passando per le serie Romanzo Famigliare, Don Matteo fino al Sanremo più visto nel Millennio e al Montalbano che ha battuto se stesso, si è arrivati all'altro ieri quando il biopic su De André ha sconfitto addirittura L'Isola dei Famosi che con i suoi temi leggeri (per non dire trash) ha tenuto banco nelle ultime puntate. Dunque il merito della Rai, dopo il biennio della «fantasia al potere» guidato da Antonio Campo Dall'Orto, scelto espressamente da Matteo Renzi e poi rinnegato (e non difeso) sulla strada lastricata da inchieste, polemiche, interrogazioni parlamentari, è stato guardare al proprio interno e rimettere insieme i cocci. Mario Orfeo, il direttore generale, già responsabile del Tg1, scelto in corsa per riprendere la rotta, ha chiamato a raccolta i dirigenti di vecchia data: primo fra tutti Angelo Teodoli, lasciato a Rai4 nell'era Campo Dall'Orto e messo ora alla guida dell'ammiraglia. Grande esperto di palinsesto, per lui è stato un gioco facile prendere i migliori prodotti (soprattutto quelli realizzati dalla Rai Fiction di Eleonora Andreatta) e, come un giocatore di scacchi, metterli nelle caselle giuste. Insomma, ha valorizzato i gioiellini che si è trovato fra le mani. Certo, alcuni punti del palinsesto restano critici, come il pomeriggio, la domenica (che stanno faticosamente riprendendosi) e il sabato sera, ancora senza identità. Però il resto funziona. Non che, sotto la guida di Campo Dall'Orto, l'azienda sia stata devastata, anzi molte cose sono state fatte e, tra quelle evidenti per il pubblico, ricordiamo RaiPlay.

Però, nel tentativo, mille volte annunciato, di ribaltare l'azienda e di farne un polo multimediale, si è persa per strada, forse, l'attenzione costante al fattore più importante: il prodotto. Che è l'unica cosa che conta per il pubblico. Il quale ora risponde, riconoscente.

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