Alla vigilia della seduta del Gran Consiglio del Fascismo che, nella notte fra il 24 e il 25 luglio 1943, avrebbe provocato la fine del regime fascista, il tessitore della «congiura», Dino Grandi, fece di tutto per consigliare Galeazzo Ciano a non scendere in campo in prima persona: «Restane fuori non ti conviene firmare l'ordine del giorno», gli disse sostenuto da Giuseppe Bottai. Il presidente della Camera dei Fasci e delle Corporazioni, Grandi appunto, forse temeva che potesse rivelarsi controproducente l'adesione al suo ordine del giorno da parte di Ciano, già ministro degli Esteri, genero del Duce e considerato suo potenziale «delfino». Pensava che, nel corso della seduta, uno sguardo o un cenno o una battuta di Mussolini potessero influenzare Ciano e spingerlo a tirarsi indietro con conseguenze imprevedibili sulle scelte degli altri «congiurati».
In realtà, Ciano aveva manifestato. già da tempo, sentimenti sempre più decisamente ostili ai tedeschi e, soprattutto, alla prosecuzione di una guerra il cui destino sembrava ormai segnato. Le note che, quotidianamente o quasi, vergava sul suo diario lo dimostrano, insieme a tante confidenze a mezza bocca ad amici e amiche del suo ampio entourage politico-mondano. Ambizioso e salottiero, finito in diplomazia e in politica non per sua volontà avrebbe voluto fare il letterato, il critico o l'autore teatrale - Galeazzo non era neppure, a guardar bene, un fascista vero e proprio ma era piuttosto un conservatore ritrovatosi, soprattutto dopo il matrimonio con la figlia del Duce, al centro di una attenzione che lusingava la sua vanità. Poco alla volta si era convinto di essere davvero, come gli sussurravano gli adulatori di turno, il successore predestinato del suocero. E ciò era talmente vero che egli, forse inconsciamente, aveva finito per imitarlo, nei gesti e nel portamento.
Eppure, l'uomo era tutt'altro che stupido e, certamente, più coraggioso, indipendente dalla volontà di Mussolini, deciso nella difesa delle proprie idee, ma anche più ingenuo di quanto credessero i suoi amici «congiurati», a cominciare da Grandi. Lo si vide sia nella seduta del 24-25 luglio sia negli avvenimenti successivi culminati nel processo di Verona e nella fucilazione.
Un tentativo, a mio parere ben riuscito, di cogliere la personalità complessa di quest'uomo e la drammaticità e complessità delle vicende nelle quali fu coinvolto è il bel volume di Mauro Mazza intitolato Diario dell'ultima notte. Ciano-Mussolini, lo scontro finale (La Lepre edizioni, pagg. 368, euro 25): un volume classificato dall'editore come «romanzo» ma che, in realtà è qualcosa di diverso, una specie di «racconto-verità» basato su una puntuale ricostruzione storica dei fatti reali accompagnata da un tentativo di introspezione psicologica dei protagonisti. Non si tratta, quindi, di un «romanzo storico» nel senso classico del termine, quanto piuttosto della narrazione di avvenimenti reali che trovano il loro contrappunto in una cornice di fantasia. Nella fattispecie l'elemento di fantasia, che rappresenta l'accorgimento letterario dell'autore, è il diario di un giovane miliziano fascista appena diplomato che si trova a far da carceriere ai prigionieri e che vive con angoscia crescente il dramma della guerra civile: questo breve e appassionante diario, spezzettato in tanti brevi capitoli, è stato inserito dall'autore all'interno della narrazione tradizionale degli eventi come efficace artificio narrativo.
La vicenda raccontata nel «romanzo storico» di Mauro Mazza si concentra in un arco di tempo relativamente ristretto, quello che va dalla seduta del Gran Consiglio del 24-25 luglio 1943 all'esecuzione della condanna a morte dei «traditori» l'11 gennaio 1944. Tuttavia, attraverso opportuni flashback, essa si proietta all'indietro fornendo elementi utili per cercare di comprendere stati d'animo e comportamenti dei protagonisti. È un modo per riproporre i tanti interrogativi ai quali gli storici di professione non hanno saputo fornire risposte definitive che non fossero soltanto risultato di congetture troppo spesso arbitrarie. Perché, per esempio, Mussolini decise all'improvviso di convocare la seduta del Gran Consiglio? Come si spiega il suo atteggiamento durante la riunione? E che cosa pensa Ciano, in quel frangente, del suo rapporto con il suocero? Che cosa lo ha spinto, davvero, a operare una scelta di campo così gravida di conseguenze? E via dicendo.
Certo, Galeazzo è il protagonista principale con i suoi dubbi e le sue debolezze, ma anche con le sue ambizioni e la sua ingenuità politica, e forse con la volontà di riscattare una immagine di servitore del Duce in attesa di potergli succedere, che egli ha cominciato da tempo da quando i suoi sentimenti antitedeschi si sono consolidati e lo hanno spinto a posizioni di fronda anche nelle frequentazioni ad avvertire troppo pesante. Ma, naturalmente, non c'è soltanto lui nel libro di Mazza. Ci sono Mussolini stesso e i suoi familiari, a cominciare dalla moglie Rachele e dai figli Vittorio ed Edda. Soprattutto quest'ultima, la consorte di Galeazzo, impegnata nel tentativo disperato di salvare il marito dall'esecuzione, diventa il fulcro di un vero e proprio dramma familiare che si traduce nella rottura insanabile con il padre del quale era, notoriamente, la prediletta: la vicenda di Edda, che mette in salvo i diari del marito, inseguita dai servizi segreti di ogni colore e aiutata dalla generosa abnegazione del devoto marchese Emilio Pucci, è di per sé una storia di avventura. E poi, ancora, nel libro di Mazza, c'è la bellissima spia Frau Beetz messa dai tedeschi alle costole del gerarca detenuto nel carcere di Verona per carpirgli i diari e divenuta protagonista di una struggente vicenda d'amore.
Infine, ci sono gli altri «congiurati» e i giovani fascisti repubblichini combattuti tra il desiderio di vendetta nei confronti di chi ha provocato la fine del regime e l'orrore per una guerra civile che si annuncia sempre più sanguinosa.
Insomma, una storia vera e drammatica che ha il sapore di un romanzo corale scritto con uno stile coinvolgente e con il ritmo incalzante del thriller.
Al di là del taglio narrativo, il libro di Mauro Mazza è, sotto un certo profilo, anche un lavoro che contribuisce davvero vorrei dire alla conoscenza di un drammatico capitolo della nostra storia più recente: esso, pur costruito sulla base di una ricchissima documentazione storiografica e memorialistica, finisce, infatti, per sottolineare l'importanza degli individui e dei loro sentimenti e comportamenti nello svolgersi dei fatti storici. Che è un modo per avvicinarsi alla verità storica senza cedere alle ideologie.
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