Un Gassman da "Premio". La vita di Vittorio ispira Alessandro e Proietti

Il figlio racconta la storia di uno scrittore egoista e gaudente che riceve pure il Nobel

Un Gassman da "Premio". La vita di Vittorio ispira Alessandro e Proietti

Una strana famiglia si aggira per l'Europa. Cialtrona e divertente come soltanto certe famiglie italiane sanno essere. A raccontarla è il nuovo film di Alessando Gassmann, Il premio (da giovedì), che in questa commedia «on the road» cita suo padre Vittorio. Interpretato da un Gigi Proietti in piena forma, qui nei panni dello scrittore di successo Giovanni Passamonte, un egoista puttaniere e gaudente. Così bravo, in tutto quel che fa, da cavarsela egregiamente tra amanti, spinelli, figli sparsi nel mondo e un premio Nobel alla letteratura, che ritirerà con garbo a Stoccolma, inneggiando alla condivisione. Geni o no, quel che conta è il gioco di squadra. E sono molti gli spunti pescati dalla vita di papà Vittorio, uno dei «colonnelli» della commedia all'italiana, che conobbe da vicino il male di vivere. Al punto di meditare il suicidio, come si accenna nel film. «Spunti personali ce ne sono, anche se non è la mia storia, ma quella di un vecchio signore che scopre d'avere accanto a sé le cose più importanti della sua vita», dice Alessandro, che non ha mai finito di regolare i conti con l'ingombrante (però utile) figura paterna. «Sono trentatré anni che faccio questo mestiere e spero di non chiudere mai i conti con mio padre», spiega il regista e attore, volto noto della fiction Rai.

Ne Il premio egli si cala nella parte di Oreste, figlio del super-egotico Passamonte: un riluttante figlio di papà, che vola fino a Stoccolma insieme alla sorella Lucrezia (Anna Foglietta), di professione blogger. «Mio padre guidava malissimo, nonostante avesse automobili molto veloci come la Porsche e la Maserati. Quando andavamo in tournèe, mi offrivo di guidare e macinavamo chilometri in silenzio: non era un gran parlatore. Ma quando voleva, ti sbatteva in faccia verità atroci sul tuo conto. E questo serviva», ricorda l'autore. Il quale, però, ha subito uno choc, debuttando col padre in teatro, dove, in Affabulazione di Pier Paolo Pasolini, doveva comparire nudo, i capelli colorati da albino. «Fui io a suggerire a mio padre di usare la parola sesso, sul palco, anche se Pasolini ne usava un'altra più cruda, per indicare la mia nudità. In effetti, la mia vita è una commedia. Non a caso, la commedia è il genere che preferisco, così simile alla vita di tutti noi, tra lacrime, gioie e dolori che si alternano», afferma Alessandro.

Gigi Proietti, che regala un'interpretazione sorprendente e più intimista, rispetto ai suoi ruoli, ha apprezzato in particolare la sceneggiatura del film. «Ero amico di Vittorio, ai tempi in cui si cantava... Gli devo molto, perché fu il primo a preconizzare, quand'ero giovane, che io e Carmelo Bene avremmo fatto carriera. Qui c'è un equilibrio di racconto, tra risata e malinconia, molto raro. Da Gassmann senior ho appreso l'arte di dire un no quasi doloroso, come faccio nel film», scandisce Proietti, che ci tiene a precisare come, con il successo, egli non ha lo stesso rapporto maniacale del protagonista. «Tra me e Vittorio Gassmann, non c'è alcuna similitudine», precisa Gigi.

L'idea del film è nata da un aneddoto su Gassmann senior, il quale sosteneva che, se i figli lo avessero esasperato, sarebbe partito per ritirare tutti i premi alla carriera a lui offerti nel mondo. L'attore aveva calcolato che avrebbe potuto viaggiare gratis per tre anni.

«Personaggi come mio padre devono essere ricordati in continuazione: fanno parte della storia del Paese», conclude Alessandro, che su Twitter tempo fa attribuì l'approvazione delle leggi razziali al nonno di Emanuele Filiberto, Re Umberto II. Dimostrando di non sapere che quelle leggi portano il nome di Vittorio Emanuele III, padre di Umberto. Non sempre si possono dare lezioni di storia.

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