George Clooney dirige un grande Ben Affleck in “The Tender Bar”

Il racconto dell’infanzia e giovinezza di un aspirante scrittore in un piacevole, ma narrativamente un po’ piatto, coming-of-age che è anche una nostalgica storia familiare

George Clooney dirige un grande Ben Affleck in “The Tender Bar”

L’ultima fatica registica di George Clooney, “The Tender Bar", è l’adattamento cinematografico di "Il bar delle grandi speranze”, libro di memorie di J.R. Moehringer.

Disponibile direttamente su Amazon Prime Video senza essere uscito in sala, è un film che si ispira nella forma e nei contenuti al cinema classico ma la cui narrazione lineare e priva di picchi tonali penalizza il coinvolgimento. Poco emozionante ma sicuramente piacevole, “The Tender Bar” è una carezza nostalgica dalla messa in scena impeccabile, in cui la tenerezza si maschera d’ironia.

Si raccontano circa quindici anni della vita di un ragazzo: la sua scoperta della letteratura, gli anni del college e l’apprendistato al New York Times.

Tutto ha inizio nel 1973, anno in cui il giovane JR Maguire (Daniel Ranieri) e sua madre (Lily Rabe) si vedono costretti, per mancanza di soldi, a fare ritorno nella casa del nonno (un pittoresco Christopher Lloyd), dove già alloggiano molti parenti. Mentre per la donna vivere nuovamente a Long Island è una sconfitta, il piccolo JR è felice di poter passare del tempo con lo zio Charlie (Ben Affleck), il cui bar diventa presto un rifugio in cui ricevere consigli o conforto. Lo scanzonato zio elargisce con finta noncuranza le sue perle di saggezza e saprà sempre essere presente quando necessario. Intanto la mamma vuole che JR vada a Yale, per riscattarsi da molte cose tra cui l’essere stato abbandonato dal padre (Max Martini), un ubriacone che fa il DJ in radio.

Personaggio centrale e che dà sapore al racconto è quello in cui spicca un Ben Affleck la cui performance attoriale vale la visione del film. Il suo Frank è un uomo che si è circondato non solo di alcolici, sigarette e “perdenti”, ma anche di amati libri e che sa fare la differenza pur da un bar operaio di Long Island. E’ grazie a questa figura insolita e disincantata, i cui modi ruvidi servono solo a smussare la dolcezza, che il protagonista impara a gestire la propria sensibilità, trova una vocazione nella scrittura e, pur soffrendo la mancanza del vero padre, ha a disposizione un grande mentore.

In “The Tender Bar” la ricostruzione di ambienti e atmosfere d’epoca è inappuntabile e la mancata tensione narrativa sembra quasi voluta, come se tutto venisse filtrato dall’insegnamento mai espresso ma che si respira aleggiare nel racconto: le difficoltà incontrate lungo il cammino non devono pregiudicare l’armonia di fondo.

Il

cuore emotivo di questo film mai apertamente commovente è l’idea che sia il sostegno amorevole di cui un uomo gode a dargli la forza di intraprendere e portare a compimento il suo cammino di realizzazione.

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